Attenzione! Questo articolo è stato scritto più di un anno fa!
!
Esclusiva

Luglio 23 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Luglio 30 2020
Psicologia digitale, la promessa di una vita migliore

Le persone affette da disturbi mentali sono in rapida crescita soprattutto in Europa. Oggi la tecnologia potrebbe aiutarle, ma attenzione ai rischi collaterali

Una persona su quattro nel mondo sarà affetta prima o poi da disturbi psichiatrici. È quanto afferma l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), secondo cui ad oggi sono 450 milioni le persone che soffrono di malattie mentali. Depressione, ansia e schizofrenia sono state collocate tra le principali cause di disabilità a livello mondiale, e sono destinate a diventare una delle più importanti sfide per la salute globale del ventunesimo secolo, con il numero di pazienti che potrà salire a un potenziale costo di 16 trilioni di dollari entro il 2030, secondo la rivista scientifica inglese The Lancet.

«Questi problemi sono diffusi – dichiara a Zeta lo psichiatra Gennaro Barone, quarant’anni di carriera alle spalle – nella classifica delle disabilità da malattie la depressione è al secondo posto in Italia, dopo la cardiopatia ischemica, e per ogni persona che si suicida ce ne sono altre venti che hanno tentato di farlo. Ogni quaranta secondi nel mondo muore qualcuno per suicidio e l’Europa è il continente in cui avvengono più suicidi in assoluto».

Ma l’Europa è anche il continente in cui si parla meno di queste tematiche. Le terapie sono disponibili, ma quasi i due terzi delle persone con un noto disturbo mentale non cercano mai l’aiuto di un professionista. Stigma, discriminazione e trascuratezze impediscono ai trattamenti di raggiungere le vittime, come ha affermato l’Oms. In più, da parte dei governi non c’è il supporto adeguato. Basti pensare che solo il 3% dei fondi dei governi di tutto il mondo elargiti per la salute è destinato alla cura delle malattie mentali.

TalkLife

Dopo l‘approvazione della legge 180 del 1978, promossa dallo psichiatra e neurologo Franco Basaglia, che ha abolito i manicomi in Italia, stava per essere varato il Progetto Obiettivo “Tutela della salute mentale 98-2000”. Questo vedeva in primo piano infanzia e adolescenza nell’ambito dell’organizzazione dell’assistenza psichiatrica territoriale. L’allora ministra della Sanità Rosy Bindi aveva garantito un’adeguata copertura finanziaria del progetto, nella misura del 5% del Fondo sanitario nazionale. «Ma se ne è investito molto di meno – afferma Barone – nonostante il nostro settore non consumi in chissà quali attrezzature sofisticate. Ciò che costerebbe è solo la formazione del personale. Era prevista anche la quantificazione degli operatori addetti alla salute mentale in base alla popolazione: uno ogni 10mila abitanti, che è un tasso ottimale, ma ovviamente siamo molto al di sotto di questo».

Negli ultimi vent’anni, il business che in Italia ruota attorno alle prestazioni psicologiche e psichiatriche è aumentato del 600%, passando da 110 a 800 milioni di euro. A livello globale, stando ai dati dell’Oms, il numero di persone che soffrono di ansia, depressione e altri disturbi mentali è più che raddoppiato dagli anni ’90 a oggi.

TalkLife

Psicologia e tecnologia

Da qualche anno a questa parte – ma soprattutto negli ultimi mesi durante l’emergenza Covid – anche il mondo della psicologia sta iniziando a sperimentare l’uso del digitale, scoprendo piattaforme e applicazioni online in grado di colmare vuoti e ritardi.

È il caso di TalkLife, applicazione sviluppata dai ricercatori di Harvard che permette ai suoi utenti di parlare tra loro di problemi mentali, supportandosi a vicenda. È possibile sia condividere dei post pubblici che parlare privatamente in chat. Tuttavia, anche la pubblicazione dei post può essere fatta in forma anonima. Nonostante il nome dell’app suggerisca di “parlare” (“TalkLife”, “parla della vita”), tutto ruota intorno alla scrittura. Non a caso alcune recenti ricerche hanno mostrato che i giovani preferiscono scrivere che parlare al telefono, anche con gli amici più stretti. Con oltre un milione di iscritti, TalkLife è l’applicazione più popolare oggi tra i ragazzi e le ragazze per parlare di salute mentale.

“Penso di fare un piacere a tutti se muoio”, “mi sento come se stessi forzando me stesso a vivere”, si legge tra i tanti messaggi pubblici scritti dagli utenti.

TalkLife

Il parere dell’esperto

«Il potere della connessione sociale è il fattore più protettivo che esista quando qualcuno pensa al suicidio – ha affermato Jennifer Russell, direttrice operativa dell’azienda – puoi entrare in una piattaforma come TalkLife e vedere immediatamente che non sei solo».

Non è del tutto d’accordo lo psichiatra Barone, secondo cui l’app potrebbe essere utile come primo approccio, a stanare quelle persone che non riescono a comunicare il proprio disagio, poi però è necessario l’aiuto di un professionista. «Ci troviamo in un ambito sanitario in cui molte volte i problemi non vengono esplicitati, anche a causa dei pregiudizi che esistono nella società, che ci spingono a non tirare fuori quello che abbiamo di difficile dentro di noi. Questa applicazione potrebbe essere, se non altro, un modo per venire allo scoperto, soprattutto per quelle persone che non riescono o non possono parlare con qualcuno che possa aiutarli. Poi però ci vuole un professionista, anche perché ci troviamo nell’ambito di malattie vere che possono sfociare in fenomeni non auto-conservativi, come il suicidio. Se ci sono infiltrazioni di persone disturbate, che vogliono pescare nel torbido, non so fino a che punto possa essere utile».

Aggiunge poi che il rapporto terapeutico in presenza non dovrebbe mai perdersi, poiché apporta dei benefici ai pazienti. «Io credo molto nella fisicità del rapporto terapeutico. Con il lockdown abbiamo lavorato tramite webinar, skype, ed è stato giusto così. Però io parlo con le persone a un metro di distanza, quindi ritengo che sia importante il rapporto diretto. Non possiamo mandare a monte tutta la teoria esistente alla base del rapporto medico-paziente, ci sono linee guida rigorose a cui attenersi, ed è importante rispettarle».

L’esperienza di Francesca, utente di TalkLife

La pensa così anche una utente dell’app, Francesca, che ha iniziato a scrivere su TalkLife ormai tre anni fa. «Non considererei questa soluzione come assoluta, anzi, consiglio le visite dai professionisti quando se ne ha la possibilità e necessità. Ritengo che sfruttare la tecnologia possa permettere di fare il primo passo verso la ricerca di un aiuto professionale. Non siamo molto abituati a parlare di ciò che riguarda la nostra sfera emozionale, tant’è che molti ancora considerano l’andare dallo psicologo una “stranezza”».

Barone racconta di aver ricevuto più volte, nella sua carriera, dei pazienti su consiglio di qualcuno che diceva “vai dal neurologo” e non “vai dallo psichiatra”, perché lo psichiatra, almeno in Italia, è ancora sinonimo di follia. L’ammettere di avere problemi mentali fa sentire inferiori agli altri e questa è una falsa credenza ancora molto diffusa nel nostro Paese.

«Ora scrivo molto più raramente su TalkLife – continua Francesca – ci sono periodi in cui passo molto più tempo con i miei pensieri rispetto al solito e spesso questi si fanno troppo “rumorosi”, pesanti. Sento quindi il bisogno di comunicarli per potermi alleviare del peso. Nonostante io sappia di avere accanto delle persone su cui poter contare, alcune volte non riesco a parlarne, per paura di essere un carico aggiuntivo o di non essere compresa. TalkLife è stata per me un rifugio in cui poter urlare i miei disagi. Inoltre mi è stato d’aiuto l’interagire con gli altri utenti: oltre a ricevere dei commenti ai miei post, ne scrivevo a mia volta sui post altrui. Molto spesso aiutare aiuta».

È stata proprio la possibilità di interagire con gli altri utenti che Francesca ha apprezzato di più di TalkLife. «Sapere che i pensieri che scrivevo non fossero solo parole al vento, ma parole lette da qualcuno, che poteva rispecchiarcisi o meno, mi ha fatto sentire molto meno sola».

La salute non è solo fisica

Grazie ai numerosi studi condotti fino a oggi, sappiamo che il modo in cui socializziamo e interagiamo nel quotidiano influenza la nostra salute mentale e che la maggior parte delle malattie, mentali e fisiche, sono provocate da una combinazione di fattori biologici, psicologici e sociali. L’importanza della salute mentale è stata riconosciuta dall’Oms fin dalle sue origini, e questo si rispecchia anche nella definizione di salute della Costituzione dell’Oms: “Non solamente l’assenza di malattia o infermità”, ma piuttosto, “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”. Negli ultimi anni questa definizione è stata messa a fuoco attraverso gli enormi progressi nelle scienze biologiche e comportamentali. Queste a loro volta hanno esteso la nostra concezione del funzionamento mentale e della profonda relazione tra salute mentale, fisica e sociale.

Psicologia digitale, la promessa di una vita migliore
Fonte: Oms

I disturbi mentali non colpiscono tutti allo stesso modo

Da uno studio condotto da Eurostat è emerso che le ragazze sono più colpite dall’insorgenza di malattie mentali rispetto ai ragazzi. Quasi una ragazza su quattro in Inghilterra, dai 17 ai 19 anni, ha un disturbo come ansia, depressione o mania, e la maggior parte di loro ha tentato il suicidio o è autolesionista. «Possono contribuire a spiegare questi dati fattori sociologici e antropologici – spiega Barone – come il ruolo della donna nella società, spesso subalterno e di secondo piano rispetto al sesso maschile, ma anche fattori biologici. Il sistema endocrino della donna è molto delicato e deve funzionare come un orologio. Le variazioni ormonali sono in stretta correlazione con lo stato emotivo-affettivo di una persona».

Come si evince dal grafico sottostante, la percentuale di persone che nel 2014 aveva disturbi depressivi era più alta per le donne che per gli uomini, in ciascuno degli Stati membri dell’Ue. La percentuale di donne che ha riferito di avere depressione cronica ha raggiunto il picco in Portogallo al 17%. Questo ha contribuito a far registrare al Portogallo il più ampio divario di genere (la percentuale di donne portoghesi affette da depressione cronica era di 11 punti percentuali più alta rispetto a quella corrispondente per gli uomini portoghesi). Sono state inoltre registrate lacune di almeno 5 punti percentuali in Spagna, Lettonia e Svezia.

Psicologia digitale, la promessa di una vita migliore

Oltre alle donne, le statistiche suggeriscono che a essere più colpita è la popolazione a basso e medio reddito.

«Penso che siamo ormai abituati a nascondere queste nostre “stranezze” – afferma Francesca – lo facciamo anche involontariamente, e cerchiamo dei rifugi per poter comunicare ciò che in realtà non va». L’importante comunque è parlarne, tecnologia o meno. Non importa se con uno psicologo, con un amico o su Internet, importa però cominciare a farlo. Questo rappresenta il primo passo verso la guarigione. Perché le malattie della mente sono tanto gravi quanto quelle del corpo, ed è fondamentale normalizzare il dibattito pubblico intorno a questi temi.

Leggi anche: Contro ansia e paura: psicologia da quarantena