Non tutti sanno che l’area di Testaccio, ovvero il XX rione di Roma, è stata per quasi un secolo uno dei principali poli industriali della città. All’ interno e nei pressi di questo quartiere, molte strutture, ormai riconvertite, presentano ancora le tracce del loro passato produttivo e rappresentano perciò un importante esempio di archeologia industriale (basta vedere ad esempio il Gazometro o la Centrale Montemartini). Una di queste è anche l’ex Mattatoio che sorge alle pendici del Monte dei Cocci, tra le Mura Aureliane e il Tevere.
L’esigenza di un nuovo mattatoio
La decisione di trasformare Testaccio in un importante polo industriale delle città, si deve al primo piano regolatore di Roma Capitale, fatto nel 1870. Con esso si decise di destinare la zona di Testaccio e quella lungo via Ostiense fino alla Basilica di San Paolo, alle attività industriali. La scelta ricadde su quest’area poiché pianeggiante e vicina alle vie di comunicazione: via Ostiense, il Tevere, il porto di Ripa e la ferrovia.
La necessità di un nuovo impianto di mattazione e distribuzione delle carni si era reso necessario a causa di queste nuove disposizioni urbanistiche e dall’introduzione di norme igieniche più stringenti per la macellazione. Nel 1883 venne affidata la progettazione di quello che sarebbe diventato il Mattatoio a Gioacchino Ersoch, già allievo del Valadier.
Il progetto di Ersoch
Ersoch progettò una struttura funzionale e innovativa sotto vari punti di vista. In primo luogo, riguardo la scelta dei materiali, che furono selezionati “in base alla loro reperibilità, lavorazione e caratteristiche meccaniche” come riportato da ArchiDiAP, un portale web di condivisione collaborativa di materiali sull’architettura, realizzato dal Dipartimento di Architettura e Progetto della Sapienza di Roma. Inoltre, lo stesso sito riporta come i capannoni del Mattatoio “vennero realizzati a pianta regolare ripetuti in serie, con tetti a due falde, muri rifiniti in mattoni e strutture prefabbricate in ferro e ghisa”.
In secondo luogo, egli rivelò un approccio innovativo anche alla progettazione, organizzando in maniera razionale e funzionale gli spazi del mattatoio. Il risultato fu una struttura all’avanguardia per la compenetrazione tra funzionalità ed eleganza.
Il complesso si estendeva su una superficie di 106.664 mq e consisteva in due parti: lo Stabilimento di Mattazione e il Mercato del bestiame, che sembravano costituire quasi una città.
Nel progetto, inoltre, era anche prevista l’edificazione di un quartiere multifunzionale con edifici industriali e residenze per la classe operaia. Il progetto venne realizzato tra il 1888 e il 1891 e sarà successivamente adeguato, con vari interventi, al progresso tecnologico. Ad esempio, nel 1911, verrà installato l’edificio frigorifero in via Franklin.
La chiusura del Mattatoio
Il mattatoio rimase in funzione fino al 1975 quando fu dismesso a seguito del trasferimento della mattazione al Centro Carni nel quartiere Prenestino. Nel 1977 iniziarono alcune demolizioni delle coperture e dei “rimessini” (ndr ricovero dove mettere al riparo il bestiame) ma tra gli anni ’70 e 2000 il complesso rimarrà perlopiù abbandonato e diventerà l’oggetto di molti dibattiti riguardo la sua riqualificazione.
Sarà poi approvato, intorno al 2000, il programma di ristrutturazione del Mattatoio, destinato a creare al suo interno spazi polivalenti dedicati alla cultura e alla formazione tecnica e artistica. Le diverse parti della struttura sono state quindi occupate da soggetti pubblici e privati: il Comune di Roma (con il Museo d’arte contemporanea di Roma e la Città dell’Altra Economia); il Dipartimento di Architettura dell’Università di Roma Tre; l’Accademia di Belle Arti e le associazioni culturali e ricreative (Centro anziani e Scuola Popolare di Musica di Testaccio). Infine, lo spazio espositivo all’interno Mattatoio, gestito dalla società PalaExpo, ospita mostre ed eventi.
Foto in evidenza: Jensens, Public domain, via Wikimedia Commons