“Nel segreto dell’urna Dio ti vede, Stalin no”. Fu Giovannino Guareschi a coniare il celebre slogan usato dalla Democrazia Cristiana durante le elezioni del 1948. E fu sempre lo scrittore italiano a dare vita a Don Camillo e Peppone: il parroco di paese e il sindaco comunista di Brescello, un piccolo paese in provincia di Reggio Emilia. Due personaggi che ai tempi del secondo dopoguerra rappresentavano un po’ la metafora di quella lotta perenne tra comunisti e cattolici. Competizione che si è protratta fino allo scadere della Prima Repubblica, quando il muro di Berlino e Tangentopoli, fecero cadere le ideologie, i partiti e i pregiudizi.
Oggi, invece, in quella che viene chiamata la “Terza Repubblica” i due rivali storici si parlano e condividono lo stesso tetto, grazie al matrimonio tra cattolicesimo e socialdemocrazia che dal 2007 prende il nome di Partito Democratico. Quelle due anime che da antagoniste hanno sempre caratterizzato l’Emilia-Romagna di Guareschi, oggi sembrano in crisi. L’avvento della destra berlusconiana prima e del sovranismo poi, sembrano aver contribuito all’unione di cattolici e post-comunisti. Non a caso, ormai non è più una novità trovare democristiani duri e puri all’interno dei listini elettorali della sinistra. Basti pensare alla candidatura di Pier Ferdinando Casini nel collegio di Bologna alle elezioni politiche del 2018. Sul web a lungo si è ironizzato sulla foto che ritraeva il senatore impegnato in un comizio con i “compagni” di una sezione del Pd bolognese accompagnato da una corona di ritratti raffiguranti Gramsci e Togliatti alle sue spalle. La fotografia sembrava rievocare i due personaggi del Guareschi, per questo Don Camillo e Peppone possono essere considerati non solo una metafora dell’Italia che fu, ma anche dei giorni d’oggi. Certo, fa strano vederli a braccetto con disinvoltura, ma in ogni caso i bolognesi non si fecero scrupoli nell’eleggere un personaggio che aveva poco a che fare con la loro storia. Casini infatti nel 2018 diventò ufficialmente il senatore del capoluogo emiliano battendo il candidato del centrodestra e del Movimento 5 Stelle.
Ma è proprio nella Brescello di Don Camillo e Peppone, che il matrimonio tra i due personaggi non viene visto di buon occhio. Lo spiega l’avvento della Lega alle europee del 2019, in cui riuscì ad accaparrarsi il 43% dei consensi contro il 24% ottenuto del Partito Democratico. La piazza di paese che fu di Peppone, ora è di Matteo Salvini. «Scommetto che oggi Peppone voterebbe Lega», ha dichiarato il segretario leghista in visita a Brescello per la campagna elettorale emiliana.

Dopotutto sono proprio i piccoli centri i primi a finire tra le braccia leghiste, una tendenza che si registra su tutto il territorio nazionale. Un’analisi delle europee del 2019 condotta dal Corriere della Sera, evidenzia come il consenso della Lega salga con il diminuire degli abitanti per centro abitato. Matteo Salvini fa il pieno di voti nei comuni con meno di 5.000 abitanti. Il Pd che invece registra una crescita direttamente proporzionale al numero abitanti: non a caso è il primo partito nei comuni con più di 300.000 abitanti.
Guardando l’Emilia-Romagna dall’alto, il nocciolo rosso è ormai circondato da una marea blu, il colore con il quale Matteo Salvini ha rinnovato il vecchio partito secessionista circonda quei pochi fortini rossi posti nella parte centrale della regione. Dopo la caduta di Ferrara, Piacenza e Forlì, ormai sono pochi i centri in cui primeggia il centrosinistra. Stando alla tornata europea di marzo 2019, il partito di Salvini è davanti al Pd in 252 comuni contro 76. Bisogna dirlo, le elezioni locali sono un’altra partita rispetto a quelle europee dove, sì, vinse la Lega, ma in controtendenza rispetto ai ¾ dei comuni in cui si votò anche per rinnovare le amministrazioni comunali. In quella situazione molti degli elettori decisero di fare due scelte diametralmente opposte all’interno della stessa urna: sbarrare il simbolo della Lega sulla scheda delle europee per poi contrassegnare lo schieramento opposto sulla scheda delle amministrative. Un atteggiamento che fece trionfare i sindaci del centrosinistra nell’80% dei comuni al voto in Emilia-Romagna.
Ancora una volta, due anime antagoniste convivono sotto lo stesso tetto. Progressismo da una parte e sovranismo dall’altra. Due anime inconciliabili e litigiose. Come il cattolicesimo di Don Camillo e il comunismo vecchio stampo di Peppone. Personaggi contrapposti ma uniti da un senso di stima reciproco. Lontano anni luce, vista l’intolleranza con cui oggi le forze politiche si contendono un elettorato sempre più fluido e smarrito che “nel segreto dell’urna” non sembra intimorito né dalla presenza di Dio, né tantomeno da quella di Stalin.