Discesa in campo scivolosa per il tycoon newyorchese che sul palco non ha avuto vita facile, l’all-in da centinaia di milioni di dollari spesi in settimane e settimane di campagne pubblicitarie martellanti si è rivelato un flop nella prima occasione in cui il candidato si è trovato a doversi confrontare per la prima volta con gli avversari ad armi pari, quelle del dibattito.
Tutti all’attacco. Sanders affonda sulle presunte elusioni fiscali del magnate della comunicazione, ma anche altri candidati si sbizzarriscono. «Stiamo correndo contro un miliardario che definisce le donne grasse ciccione e lesbiche con la faccia da cavallo. E no, non sto parlando di Donald Trump, ma del sindaco Bloomberg» ha tuonato Elizabeth Warren, riferendosi alle pesantissime accuse di maltrattamenti e alle svariate clausole di non-disclosure fatte firmare dai legali del tycoon alle parti lese.
A beneficiare maggiormente del fuoco incrociato è stato sicuramente Bernie Sanders, rimasto defilato, che si è rivelato solo il bersaglio secondario degli attacchi trasversali, tutti direzionati verso il nuovo arrivato. A mettere in difficoltà il senatore del Vermont sono stati più spesso i giornalisti che gli altri candidati, come quando gli è stato chiesto di rispettare la sua promessa e pubblicare i documenti medici dopo l’infarto dell’anno scorso. Sanders ha affermato che gli attestati di buona salute già rilasciati da medici e cardiologi gli sembravano abbastanza, per poi aggiungere piccato: «Magari dovreste venire un giorno con me nei vari comizi elettorali che faccio, vediamo chi ha il fisico più adatto…».
Il magnate aveva tentato l’azzardo annunciando l’intenzione di vendere la sua media company nel caso vincita alle elezioni presidenziali. Lo aveva fatto trasparire Galia Slayen, portavoce della sua campagna al Wall Street Journal solo poche ore prima del dibattito in Nevada. Inizialmente aveva prospettato l’idea di un blind trust ma ha deciso di essere più audace nella speranza di risultare ancora più convincente.
Buttigieg è apparso tutto sommato un candidato poco incisivo, non così convincente nel caso di un eventuale scontro frontale con Donald Trump. La più battagliera e dominante è stata sicuramente Elizabeth Warren, che ha infuocato il palco, senza esclusione di colpi. La senatrice del Massachussets ha dominato anche se si guardano i tempi di parola: nonostante lo spazio per domande e risposte sia ben definito e spesso osservato in maniera marziale, c’è sempre un piccolo margine di manovra e la Warren è riuscita a strappare quasi un minuto in più rispetto alla media degli altri candidati.
Amy Klobuchar, la grande rivelazione delle scorse primarie in New Hampshire è apparsa poco convincente, in seria difficoltà se messa sotto attacco. Dopo lo scivolone dei giorni scorsi in cui aveva dimenticato il nome del presidente messicano in un’intervista a Telemundo, prova a rialzarsi ma appare scontrosa e irritata «Are you saying I’m dumb, Pete?» – Stai dicendo che sono stupida, Pete? – Riferendosi all’ennesimo attacco da parte del sindaco dell’Indiana. In sua difesa è intervenuta la Warren che ha sottolineato come una dimenticanza non significhi per forza inadeguatezza o scarse capacità.
Joe Biden è apparso rinvigorito, in quella che a tutti gli effetti è stata una delle sue migliori performace degli ultimi tempi. L’ex vice-presidente di Obama ha attaccato Bloomberg su una tematica specifica: lo stop and frisk, i sistematici fermi e perquisizioni arbitrarie da parte della polizia nei confronti di neri e ispanici quando era sindaco di New York. L’ex-sindaco ha rivendicato di aver diminuito il numero degli omicidi, ma si è scusato, ammettendo di aver sottostimato le dimensioni del fenomeno. Warren però lo ha incalzato: «Il punto non è dire scusa, ma chiarire l’origine razzista di questa linea».
In generale, Bloomberg è sembrato impreparato nei confronti di domande e affondi su sue debolezze che erano assolutamente prevedibili già a chilometri di distanza. L’aria arrogante e lo sguardo rivolto verso l’alto nei momenti di irritazione. Il nono uomo più ricco del mondo, in un contesto pubblico è sembrato un non-miliardario non più abituato a confrontarsi con non-miliardari. Rimarrà da vedere se si tratta solo di un inizio difficile o se la traiettoria discendente proseguirà nella corsa del nuovo arrivato. What happens in Vegas stays in Vegas, right?