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Esclusiva

Febbraio 28 2020
Germania apripista dice sì al suicidio assistito, cosa cambia ora?

Da mercoledì 26 febbraio in Germania è possibile ricorrere al suicidio assistito. Il commento di Andrea Dernbach, giornalista politica di Der Tagesspiegel

Questa sentenza come ha cambiato la Germania?

«La situazione è decisamente cambiata, qui da noi ci sono stati medici che per aiutare i pazienti sono quasi finiti in carcere. Un dibattito all’interno del Bundestag – il Parlamento tedesco – c’è stato, ma credo che quella della Corte Costituzionale sia stata una scelta davvero coraggiosa, che va in contro al personale medico. Penso anche che il timore che questa sentenza porterà a un aumento dei suicidi sia infondato, in fin dei conti è al proprio medico di fiducia che si chiede di essere aiutati a togliersi la vita, non di certo a un otorino o a un oculista che si incontra una volta ogni dieci anni. Da una parte dunque questa sentenza rappresenta un cambiamento dal punto di vista giuridico, perché esonera i dottori da rischi e responsabilità legali, dall’altra è un segno che i tempi sono maturi, pronti per questo progetto che non ha niente a che vedere con l’idea dell’eutanasia nazista, e cioè l’intento di eliminare disabili e persone affette da malattie inguaribili.»

La chiesa ha preso posizione sulla questione del suicidio assistito?

«Si. La sentenza rappresenta però anche un cambiamento nel ruolo della chiesa, che non era d’accordo. Anche se la legge è stata fortemente voluta da un ministro della salute cristiano-democratico ci sono state polemiche da parte del mondo religioso, ma il parere della chiesa al giorno d’oggi non è più così vincolante.»

Qual è stata la reazione dell’opinione pubblica?

«L’opinione pubblica è divisa, critiche sono venute soprattutto da parte di alcuni giornali conservatori e dagli ambienti più tradizionalisti e cattolici del paese, quelli che hanno sollevato le questioni relative al progetto nazista e al timore che adesso chiunque possa avere voglia di prendere la pillola per suicidarsi, che naturalmente è una sciocchezza.»

Ci sono similitudini tra Italia e Germania nell’aver trattato la vicenda?

«Rispetto ai casi italiani di Piergiorgio Welby o Eluana Englaro la stampa tedesca ha spettacolarizzato meno la vicenda, non sono comparse immagini simbolo che rappresentavano le persone coinvolte, né tantomeno talk show televisivi. Inoltre, ho l’impressione che in Italia la chiesa abbia un’influenza maggiore. In Germania però qualcosa di simile è successo con l’aborto, una questione su cui il mondo cristiano ha preso una posizione di deciso rifiuto. È possibile abortire, eppure il codice penale tedesco sancisce il divieto di pubblicità per l’interruzione di gravidanza e al contempo vieta di fornire informazioni sul tema. Sulla questione è nato un dibattito che dura da tre anni, al centro c’è la possibilità di abrogare la legge che impedisce l’informazione corretta. E in queste situazioni i cristiano-democratici non perdono occasione di dimostrare i loro legami con la chiesa.»