Vaccino, è corsa mondiale. Mentre gli Stati Uniti sono già alla fase 1 della sperimentazione clinica, gli scienziati cinesi stanno per iniziare i test sugli esseri umani. In Germania proseguono gli studi dell’azienda farmaceutica CureVac, in stretta collaborazione con con l’ente pubblico di ricerca Paul-Ehrlich-Institut. Nonostante le tempistiche non appaiano così immediate, in Italia le strade da seguire sarebbero due, come spiega Mauro Piacentini, professore ordinario di Biologia Cellulare all’Università “Tor Vergata” di Roma e responsabile del Laboratorio di Biologia Cellulare e Microscopia Elettronica presso l’INMI “Lazzaro Spallanzani”.
Professor Piacentini, a che punto è arrivata la sperimentazione del vaccino in Italia?
«I potenziali vaccini annunciati sono due: uno della ReiThera, l’altro della Takis, aziende farmaceutiche di Castel Romano, nel comune di Roma. Sono più aggiornato sui risultati della prima ditta, ma posso affermare che entrambe sono allo stesso livello, in fase preclinica. Questo momento della sperimentazione include studi in vitro e su modelli animali. Si definiscono sia la capacità del farmaco di indurre la risposta immunitaria, che le prime evidenze di efficacia e sicurezza su un organismo vivente complesso. Il passo successivo sarà quello di testarli su persone volontarie. È difficile fare una previsione temporale, si tratta di un processo lungo ed elaborato. Tuttavia gli enti coinvolti nel monitoraggio della sicurezza dei vaccini in Italia, stanno facendo il possibile per abbreviare i tempi della sperimentazione,sempre in accordo con le normative vigenti».
Che differenza c’è tra i due vaccini?
«Entrambe le aziende stanno lavorando sul genoma di SARS-CoV2. La differenza è molto specialistica e risiede nella tecnica di sintesi del vaccino. In particolar modo nel suo vettore, ovvero quel microrganismo che ha la funzione di veicolare l’acido nucleico del Coronavirus per innescare la risposta immunitaria. Nel caso di ReiThera si tratta di un adenovirus. Takis invece utilizza un plasmide, cioè un piccolo filamento circolare di DNA».
È caccia al vaccino in tutto il mondo. Quale nazione ha il progetto più promettente?
«In base ai media internazionali, gli Stati Uniti sarebbero in vantaggio. È di pochi giorni fa la notizia della prima somministrazione su un essere umano. Si tratta di una donna di Seattle, una delle zone della nazione più colpite dal Coronavirus. È comprensibile che tutti si stiano mobilitando, perché il vaccino è l’arma scientifica più potente a nostra disposizione».
Quando prevede il picco di contagi in Italia?
«In base ai dati giornalieri della Protezione Civile mi sembra che i numeri siano ancora in crescita. Da diversi giorni si superano i 2500 contagiati nell’arco delle 24 ore. A mio parere, dobbiamo aspettare la prossima settimana per avere un quadro più chiaro della situazione . Dipenderà molto dai comportamenti personali e da come ognuno di noi rispetterà le direttive del Governo. Stare a casa e seguire le norme è l’unico modo per limitare la diffusione dell’infezione».
Cosa ne pensa dell’anticorpo monoclonale specifico scoperto in Olanda?
«Un anticorpo che neutralizza il virus è una buona notizia, ma bisogna procedere con cautela. È un approccio interessante, come altri tentativi terapeutici. Un esempio positivo è il tocilizumab. Il farmaco blocca il recettore per l’interleuchina 6, intervenendo sulla cascata citochinica che contribuisce alla patogenesi del Covid-19, ovvero al meccanismo con cui si instaura il processo morboso».
Qual è la situazione allo Spallanzani?
«Il Direttore Sanitario aggiorna i media ogni giorno. Fino ad oggi non c’è uno scenario drammatico: si riescono a gestire i pazienti, seppur numerosi. Credo che i ricoverati aumenteranno, ma la Regione si sta mobilitando. Hanno appena aperto l’ospedale Columbus, ribattezzato “Covid – 2”, e anche il Policlinico Tor Vergata dovrebbe mettere a disposizione a breve un’area dedicata alla gestione del Coronavirus».