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Esclusiva

Marzo 23 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Marzo 24 2020
“La strada”, un viaggio verso l’umanità

Il viaggio di un padre e suo figlio in un mondo post apocalittico in cui non è rimasto più nulla, solo una strada. E su di essa si muove l’umanità senza anima

Il mondo intorno a noi sta cambiando, da qualche giorno a questa parte lo ha già fatto. Molte delle attività che consideravamo scontate, naturali, di fatto non lo sono più. Sono in pausa. Le lunghe cene con gli amici, i concerti, gli aperitivi. Ce ne rimangono però altre, e non meno degne. Ci sono i libri, che in tempi come questi offrono oltre che sollievo, anche una possibilità di evasione. Ci si immerge, lettera dopo lettera, frase dopo frase, e pian piano da una pagina in bianco e nero possiamo perderci in boschi, praterie, piazze e città esotiche dove non siamo mai stati prima. Una volta ancora, in soccorso nei momenti di difficoltà viene la cultura. #letteraturedaquarantena 


Un mondo grigio, in cui «il sole esiliato gira intorno alla terra come una madre in lutto con una lanterna in mano». Solo un fiacco chiarore ricorda all’uomo, o meglio a ciò che ne è rimasto, la sua presenza. All’inizio le strade erano affollate di uomini protetti da maschere e occhialoni, ma adesso non c’è «benedetta anima viva».

Lo scrittore americano Cormac McCarthy in questo romanzo, vincitore del premio Pulitzer per la narrativa nel 2009, ferma il tempo all’una e diciassette di un giorno imprecisato senza permetterci di capire cosa sia successo in questa apocalisse. «Una lunga lama di luce e poi una serie di scosse profonde» fanno pensare ad un disastro nucleare. «Alcuni geologi mi hanno detto che a loro sembrava un meteorite. Ma avrebbe potuto essere qualsiasi cosa, l’attività vulcanica o una guerra nucleare. Non è veramente importante. La questione essenziale ora è: che cosa fai?», rivela McCarthy durante un’intervista.

Ma per i due protagonisti, un padre e un figlio di cui non ci è dato conoscere altro perché «i nomi delle cose seguono lentamente le cose stesse nell’oblio», non c’è «nessuna lista di cose da fare. Ogni giornata sufficiente a sé stessa. Ogni ora. Non c’è un dopo». Il libro è incentrato sulla loro sopravvivenza. Ritmato solo dall’alternarsi del giorno e della notte nel loro viaggio verso il clima mite del sud. Di giorno camminano sulla strada innevate alla ricerca di cibo e un riparo per la notte. Quando cala l’oscurità, unica cosa a non essere cambiata, i due si addormentano e il loro sogni solo l’unica cosa a dare colore alle pagine e a farci conoscere il loro passato.

«Quanto colore invece nei sogni. In che altro modo poteva chiamarti a sé la morte? Poi ti svegliavi in un’alba fredda e tutto si riduceva immediatamente in cenere. Come certi affreschi rimasti sepolti per secoli e improvvisamente esposti alla luce del sole».

Al mattino l’unica preoccupazione per l’uomo è suo figlio, lo tocca e si accerta che stia bene. Di una cosa sola è convinto, ovvero che quel bambino è la sua garanzia ed è l’unico motivo per cui è ancora su questa terra fredda. A lui affida il fuoco, eterno simbolo di vita e speranza. Sulla strada ci sono buoni e cattivi. La categorizzazione è basilare, per l’uomo privato di tutto la presenza o assenza di fuoco e della sua luce è ciò che differenzia il bene dal male. Ma allora chi sono i cattivi? Lo siamo tutti, e lo sarebbe anche questo padre se non fosse per suo figlio:

“La strada”, un viaggio verso l’umanità
Una scena dal film The Road di John Hillcoat (2009), tratto dal romanzo   

«Noi non mangeremmo mai nessuno, vero? No. Certo che no. Neanche se stessimo morendo di fame? Stiamo già morendo di fame».

La lama di luce che ha spazzato via ogni cosa ha portato con sé anche la nostra anima, trasformando l’uomo nell’unico animale sulla terra. La sua unica preoccupazione è sopravvivere, non importa se per farlo dovrà mangiare carne umana. D’altronde perché restare umani se non c’è più nulla, neanche Dio? Quando l’uomo scappa dalle richieste d’aiuto dei corpi prigionieri nella botola, è più o meno questa la domanda che ha nella sua testa.

Le immagini di cannibalismo, di devastazione e rovina colpiscono il lettore dritto nello stomaco: Potrebbe essere davvero questa la nostra fine? Il briciolo di speranza a cui i due protagonisti sono ancora legati genera una naturale tenerezza verso di loro, ma dal momento in cui inizi il viaggio sulla strada sei ben consapevole di come andrà a finire.

«È vero? Il fuoco, intendo.
Sì che è vero.
E dove sta? Io non lo so dove sta.
Sì che lo sai. È dentro di te. Da sempre. Io lo vedo».