Per vivere un week end all’apparenza «normale» tutto deve essere pianificato e a questo non siamo ancora abituati. Non solo mascherine, plexiglass e distanza sociale. Ora che possiamo uscire tutto ci sembra come prima, ma in realtà parecchie cose sono cambiate.
Bisogna programmare con attenzione il fine settimana e comunque potrebbe non bastare. La prenotazione è obbligatoria per quasi tutte le attività che hanno deciso di riaprire e il sentirsi chiedere, se si cenerà con amici o con i propri famigliari è una domanda alla quale non si è dicerto abituati.
Era un noioso venerdì sera bolognese, assomigliava molto a quelli passati in lockdown, il giorno dopo sarei sceso a Roma ma ho deciso comunque di organizzare il mio fine settimana prima della partenza. Mai mi sarei immaginato di fare così tante chiamate. Vivendo in un’altra città non vedevo cari amici da molto tempo, quindi la cosa più semplice da fare era organizzare una cena. Da sempre il nostro appuntamento fisso è il sushi, ma questa volta è stata più difficile del previsto.
Più di dieci chiamate e pochissime risposte. Tra chi non aveva ancora riaperto e tra chi aveva attivo solo il servizio di delivery ho incontrato grosse difficoltà. Di colpo però, abbiamo trovato un locale aperto, ma per un gruppo di amici andare a mangiare fuori è un’impresa piuttosto complicata. Siete parte dello stesso nucleo famigliare? Sapete che rimarrete nel nostro elenco per quattordici giorni e dovete essere reperibili?. Queste sono alcune delle domande che ti vengono fatte per telefono e all’arrivo al ristorante però la situazione è davvero ben gestita. All’ingresso viene effettuata la misurazione della temperatura e a disposizione ci sono gel igienizzante e mascherina che ogni volta che ci si alza dal tavolo va indossata. La distanza in sala è ampia e il ristorante era pieno. «Che bello stare tra la gente» mi sussurra un amico, ma non appena qualcuno si avvicina troppo l’occhiataccia è d’obbligo, ci dobbiamo ancora abituare.
Un’altra esperienza simile l’ho vissuta nell’intento di andare dal parrucchiere. Anche in questo caso la prenotazione è necessaria, ma questa volta sono arrivate cattive notizie. «Siamo pieni fino a fine giugno, ci dispiace, dovevi chiamarci prima». Tutto rimandato per il momento, la corsa al parrucchiere è appena iniziata.
Nella mattinata di sabato, dopo un viaggio in treno, arrivo a Roma e sorpreso dai pochi controlli fatti nelle stazioni, giungo con tranquillità a casa.
La prima cosa che voglio fare è uscire. In un batter d’occhio sono a Via del Corso, la gente c’è e dopo tanto tempo rivedo Roma, una città che ancora conosco poco. Mi incontro con amici e amiche e subito si torna ai vecchi tempi. «Non ci vediamo da mesi, prendiamoci un aperitivo e raccontiamoci questo lockdown» mi dice Gabriele. Peccato che anche in questo caso si debba prenotare.
Chiamo alcuni locali ma non ricevo risposta allora decidiamo tutti insieme di incamminarci alla ricerca di un aperitivo. Mi faccio guidare perché non sono ancora esperto di Roma, ma troviamo comunque tutto chiuso. Arrivati a Monti, a due passi dal Colosseo, dopo tutte le precauzioni del caso, un tipico locale romano ci fa sedere. La cosa più particolare è stato il compilare un foglio con i nostri dati che, come da legge regionale, il bar conserverà per trenta giorni. Un sorriso generale accoglie questa azione, ma in realtà siamo contenti perché ci sentiamo più sicuri.
L’atmosfera è particolare, la musica in sottofondo accompagna il nostro aperitivo e i nostri racconti. Anche se ci è costato parecchia fatica è stata una liberazione, per stare di nuovo tutti insieme ci si deve imbattere in un week end prenotato, ma è un’esperienza che non vedo l’ora di ripetere.
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