«Oggi scendo in piazza perché sono nera. Non ne posso più dell’ingiustizia, della discriminazione. Siamo nel 2020, non possiamo continuare a vivere così, siamo tutti uguali». Sono le parole di una manifestante mentre alza verso il cielo un cartello con scritto “il razzismo è ignoranza”. La piazza è un mix di cori, applausi e slogan. Si fermano solo quando dagli altoparlanti gli organizzatori invitano i manifestanti a inginocchiarsi e rimanere in silenzio per otto minuti, gli stessi che sono serviti per soffocare George Floyd: schiacciato a terra mentre esala il suo ultimo respiro sotto il ginocchio del poliziotto americano.
Dopo Milano, Firenze, Bologna, Torino e Napoli, anche il centro della Capitale si è tinto di nero e giallo, i colori di Black Lives Matter, il movimento delle proteste che stanno attraversando gli Stati Uniti dopo l’ uccisione dell’afroamericano di Minneapolis. Ora anche Roma urla le sue ultime parole: “I can’t breath, I cant’t breath!”. Nella stessa città che, appena il giorno prima, ha visto scatenarsi la violenza degli ultrà di estrema destra radunati al Circo Massimo.
Qui al posto delle braccia tese si alzano i cartelli che inneggiano all’uguaglianza e all’integrazione: “Stop Killing Our Sons”, si legge su una bandiera americana capovolta. In piazza c’è anche chi la discriminazione la vive tutti i giorni. «Quante persone nella nostra società non riesco a respirare?», domanda alla piazza il il sindacalista dei braccianti Aboubakar Soumahoro quando prende il microfono davanti alla folla radunata sotto l’obelisco di Piazza del Popolo.
“Dall’America al Mediterraneo”, si legge su un cartello mentre dagli altoparlanti una donna ricorda alcuni afroamericani uccisi dalla polizia. Nomi che vengono accompagnati dallo slogan “Say-their-name”. «Oggi sono qua per supportare me stessa e la mia famiglia che vive negli Usa», dice una giovane manifestante. «I miei cugini vivono in Arizona, in Florida e in Virginia, supporto le proteste e la loro vita di tutti i giorni. Purtroppo il razzismo in Italia esiste, ma non è solo un problema occidentale: è una questione globale».
Di tanto in tanto i cori vengono interrotti dalla voce degli organizzatori che dagli altoparlanti ricordano di rispettare il metro di distanza invitando i presenti ad allargare le braccia e fare un giro intorno a se stessi. Il risultato consente di passare da un parte all’altra della piazza facendo lo slalom tra i passanti. Il distanziamento fisico c’è, seppur con qualche eccezione, e le mascherine pure. Molti la indossano con su scritto “I can’t breathe”.
«Volevamo fare una manifestazione che desse l’esempio, per questo abbiamo cercato in tutti i modi di far rispettare la distanza di sicurezza», dice Amin Nour, uno degli organizzatori dell’evento.
«La gente che è qui oggi ha voglia di cambiare la realtà e i giovani, come mostra questa piazza, lo stanno dimostrando». Rispondendo alla domanda sul futuro di Black Lives Matter in Italia, Amin spiega che «sì», il movimento si sta organizzando. «Ci siamo conosciuti e ora stiamo facendo delle riunioni. Tra noi ci sono americani, italiani di origine africana e non. Tutti hanno collaborato per dar vita a questa manifestazione in pochissimo tempo».
Verso le due del pomeriggio e dopo i ringraziamenti ai vari organizzatori, Piazza del Popolo si è con lentezza svuotata. Durante la mattinata i nomi dei morti per mano della polizia sono stati urlati con forza, con la speranza che all’elenco non se ne aggiungano presto altri.