Un giornalista robot vincerà mai il Pulitzer? È già successo. Un algoritmo può condizionare il futuro? Lo ha già fatto. L’IA che suggerisce gli articoli da pubblicare? È già realtà. Sono alcune delle tappe affrontate da Aldo Fontanarosa nel suo saggio Giornalisti robot: L’Intelligenza Artificiale in redazione. Prove tecniche di news revolution. Un viaggio, quello del giornalista di Repubblica e autore del blog Antenne, attraverso le potenzialità e le sfide del giornalismo al tempo della trasformazione digitale, presentato al corso in Intelligenza artificiale e personal media della Luiss.
Dall’algoritmo capace di produrre 80 mila articoli al mese ai software capaci di individuare il grado di sessismo che affligge un pezzo. Dal programma che setaccia Twitter per scoprire breaking news fino alla copertura giornalistica portata avanti facendo a meno dell’intervento umano. Questi sono alcuni dei temi che mettono il lettore di fronte a un’evidenza: che gli algoritmi sono in grado di fare i cronisti con più velocità della loro controparte umana senza per questo perdere in qualità. E i giornalisti in carne e ossa possono trovare nei robot gli alleati più preziosi per liberare tempo, da dedicare a storie d’avanguardia per le quali è necessario andare in profondità.
E in Italia? «Sebbene gli editori non abbiano lo stesso margine d’azione in mano ad altri gruppi stranieri – argomenta Fontanarosa – l’Intelligenza artificiale si sta facendo strada anche nel nostro paese. È presente nelle redazioni dei giornali nazionali, come La Stampa o il Corriere della Sera, e si sta facendo largo nell’ambiente televisivo. È una trasformazione in atto ma che è ancora caratterizzata da un basso profilo. Anche per via di una certa resistenza sindacale, forse spaventata dalle ricadute occupazionali che una trasformazione del genere avrebbe per il settore».
Più che instillare nel lettore la preoccupazione per il domani, l’intento è quello di mettere il giornalismo davanti alle sfide dell’oggi: che i computer non sono strumenti capaci di eseguire milioni di calcoli al secondo, ma macchine che apprendono. Capaci cioè padroneggiare il linguaggio naturale, producendo articoli indistinguibili da quelli scritti da mani umane. E quando algoritmi e creator uniscono le forze in nome della verità può nascere un giornalismo migliore, capace di combattere (e vincere) la lotta contro gli agenti della disinformazione e delle fake news.