«Fa veramente paura una fetta di formaggio?». Sì, per chi minaccia CIBO, street artist veronese che copre i simboli nazifascisti con muffin, frutta e qualsiasi tipo di alimento. Diverse sono le ragioni che lo hanno portato, stanco di vedere svastiche o celtiche sparse in giro per la sua città, a coprirle con murales “gastronomici”.
«Cercavo un simbolismo che mi permettesse di sensibilizzare sul tema e agire in maniera concreta per la mia città. Doveva essere qualcosa di territoriale e pop, qualcosa che arrivasse a tutti e che la cittadinanza sentisse proprio» – continua l’artista – «il tema cibo per noi italiani è molto importante, rappresenta parte della nostra cultura, è un momento piacevole e di condivisione».
Non per tutti però, infatti CIBO viene spesso minacciato e le sue opere vandalizzate dai gruppi di estrema destra, gli stessi che imbrattano i muri. «Purtroppo, queste persone conoscono solo la violenza e di fronte alla cultura e all’arte vanno in confusione, non sapendo come rispondere semplicemente distruggono. Tuttavia, di questo astio nei miei confronti ho saputo fare un ingrediente prezioso della mia cucina».
Camminando per le vie spesso sui muri, sui cassonetti, sulle cabine telefoniche e negli angoli più nascosti capita di vedere graffiti, scritte e firme. Sono i segni di una nuova forma d’arte che nelle nostre società è sempre più frequente: la street art. C’è chi riempie gli spazi urbani di disegni colorati e chi invece preferisce una scritta o una semplice firma, come a voler lasciare il segno. È il caso di Geco, il writer anonimo che è stato da poco smascherato e denunciato a Roma.
Che ne pensa?: «L’umanità disegna sui muri dall’alba dei tempi. Le denunce sono parte del gioco, sicuramente Geco l’ha messo in conto e non si perderà d’animo. La street art ha molte forme, il writing è una di queste. L’arte urbana non sempre è arte pubblica, il writing per esempio è introspettivo e individualista».
La sua arte è invece pubblica e fortemente legata all’attivismo, ragione per cui tante aziende, abbracciando i suoi ideali gli commissionano opere e permettendo al progetto nato contro l’odio, che viene portato avanti in maniera autofinanziata, di continuare ad esistere.
Cibo usa i propri social per pubblicare le sue opere e chi lo segue non può che apprezzare la resilienza con cui continua a ripristinare i graffiti vandalizzati. «In fondo se cercano di attaccarmi personalmente, sfregiano i miei graffiti o cercano di gettare fango sul progetto artistico e sociale, vuol dire che sto toccando i punti giusti. Sto portando le persone, almeno quelle che mi seguono, a farsi le domande corrette».
«È importante ricordarsi che tutti possono fare qualcosa, io uso l’arte perché questo è il mio strumento e come me ci sono tanti altri artisti, musicisti, scrittori che usano l’arte per unire. Nessuno cambia il mondo da solo, là fuori c’è un’infinità di gente che fa del bene, che combatte contro odio e disuguaglianza tutti i giorni. Ci sono persone in prima linea in aree geografiche estremamente problematiche, persone che fanno volontariato, associazioni e persone che anche solo con un sorriso o un gesto gentile nella loro quotidianità fanno parte del cambiamento».
L’arte di CIBO non è statica ma è qualcosa di dinamico, soprattutto se come lui fai arte pubblica con l’intento di invitare tutti a prendersi cura della propria città.