«Ce l’avete un sacchetto per me?». Rosa si avvicina all’auto dei volontari con passo incerto, facendo perno sulla stampella. Con l’altra mano trascina un carrellino, vuoto. «Con o senza coronavirus – racconta – a Palermo non è cambiato niente. Facevo la fame prima e continuo a farla adesso».
In una città dove il tasso di disoccupazione è il quarto valore più elevato tra le grandi città italiane, la pandemia e le restrizioni imposte per contrastarla sono solo un’altra difficoltà che grava sulle spalle degli ultimi. Ad alleggerirne il peso ci sono i volontari, che ogni lunedì caricano le loro auto col cibo invenduto, offerto dai tanti bar che chiudono ormai alle 18. «Ho una figlia, piccola – continua Rosa – quando torno a casa con la spesa che mi regalano sorride, e mi abbraccia. Il loro aiuto per me è fondamentale, senza non ce la farei. Portano un po’ di gioia anche alla mia bambina».
Nel capoluogo isolano dove le possibilità occupazionali e i servizi di assistenza scarseggiano, molte persone in stato di indigenza fanno ricorso a strumenti di welfare informale per continuare a sbarcare il lunario. Una rete invisibile che la pandemia ha spezzato: «Abbiamo registrato un notevole incremento di richieste di aiuto – Spiega Gregorio Porcaro, vice presidente del braccio palermitano della Caritas – molte delle persone che si sono rivolte a noi vivevano di espedienti e piccoli lavori, spesso sommersi. Parcheggiatori abusivi, badanti in nero, pensionati con difficoltà a pagare le bollette. Persone che contavano sull’aiuto reciproco della comunità di appartenenza, rese fragili dall’isolamento e dal distanziamento sociale. È il sostrato nascosto di Palermo che la pandemia ha portato a galla, e che dobbiamo aiutare adesso».
Prima puntata:
Poveri – Quelle vite sospese dal Covid
Mense popolari e spese solidali, le nuove povertà affamate d’affetto