La democrazia è in pericolo o in crisi? Gli individui sono meno legati ai grandi valori della democrazia liberale? Occorre ridefinire il concetto di democrazia? Sono questi i grandi quesiti che, nella mattinata dell’11 gennaio, hanno animato il forum “La democrazia e la comunità internazionale”, organizzato dalla rivista dell’Istituto Affari Internazionali in occasione della presentazione del nuovo sito. Al quinto piano della splendida sede romana del think tank fondato da Altiero Spinelli, i relatori hanno stimolato un vibrante dibattito sullo stato di salute e sui futuri orizzonti delle realtà democratiche.
Prima che il confronto abbia avuto inizio, c’è stato spazio per la commozione e il ricordo. Gli ospiti, di fronte a una platea composta interamente dai praticanti della Scuola di Giornalismo “Massimo Baldini”, hanno osservato un minuto di silenzio in onore del presidente del Parlamento europeo David Sassoli. Moderati da Francesco De Leo, direttore di AffarInternazionali e responsabile della comunicazione dello IAI, sono intervenuti nella discussione: Luciano Violante, presidente della Fondazione Leonardo ed ex presidente della Camera dei deputati, Alberto Flores d’Arcais, giornalista del Gruppo Gedi e condirettore della rivista online Zeta, Barbara Serra, conduttrice della redazione di Londra di Al Jazeera English, e Nathalie Tocci, direttrice dello IAI.
«C’è sempre meno democrazia nel mondo»
De Leo ha esordito in questi termini, illustrando i risultati delle analisi contenute nel report annuale dell’organizzazione non governativa Freedom House. Un report che, dal lontano 1941, fotografa lo stato delle libertà democratiche su scala mondiale. Democrazia sotto assedio: il titolo dell’indagine condotta nel 2021 è eloquente e non lascia dubbi sui pericoli che incombono. «Il baricentro dell’equilibrio internazionale si sta spostando verso i regimi autoritari. Il 2020 è stato il quindicesimo anno consecutivo di declino della presenza democratica nel mondo», ha affermato De Leo. Secondo le stime del report, meno del 20% della popolazione mondiale vive in un paese che si può considerare libero.
«Ma cos’è la democrazia?»
Violante, ex magistrato e politico di lungo corso, si è soffermato sugli elementi che la qualificano. Elezioni regolari e cadenzate, contendibilità del potere politico, libertà di manifestazione del pensiero, libertà religiosa e separazione dei poteri: sono queste le caratteristiche minime di un ordinamento democratico. «La democrazia è un mezzo, non un fine. Serve nella misura in cui è finalizzata a raggiungere obiettivi, altrimenti si sterilisce»: il monito di Violante fa da apripista per ulteriori considerazioni. Il presidente della Fondazione Leonardo ha messo in luce le profonde complessità nel rapporto tra efficienza e democrazia. La vita democratica comporta discussione e consultazione: aspetti che inevitabilmente allungano i tempi delle decisioni. Ed è proprio l’allungamento dei tempi decisionali a entrare in conflitto con l’efficienza: il valore assoluto che vige nel tempo dominato dalla tecnica. Discorso analogo vale per la sicurezza. Qual è l’equilibrio tra biopolitica e democrazia? I cittadini, di fronte a una minaccia per la loro sopravvivenza, sono disposti a rinunciare alla libertà. Una tendenza su cui l’ex parlamentare del Pci ha invitato a riflettere. «Le democrazie solide sono fondate su grandi orizzonti politici. Oggi occorre riscoprire il mito democratico. È necessario riacquistarne il senso».
«Gli Stati Uniti rischiano la guerra civile»
Flores D’Arcais nel suo intervento si è concentrato invece sulla situazione a stelle e strisce. L’ultimo sondaggio condotto dal German Marshall Fund ha certificato la crisi di fiducia nelle istituzioni da parte del popolo americano. La fede nella democrazia è scesa complessivamente al 25%, il punto più basso dalla fine della Seconda guerra mondiale. Se tra i baby boomer la percentuale è al 82%, tra i millennal è scesa addirittura al 20%. «In America gli esperti parlano di profonda crisi della democrazia e possibilità di guerra civile intorno al 2030 con l’avvento di un regime autoritario.».
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L’editorialista quindi ha delineato l’identikit dei facinorosi che il 6 gennaio del 2020 hanno assediato Capitol Hill. «Dei 700 condannati, solo il 13% appartiene a gruppi estremisti. Il restante 87% è composto da medici, architetti, avvocati, piccoli proprietari di imprese, amministratori delegati di start up della Silicon Valley. Provengono tutti da grandi città, non dai centri rurali dove Trump ha raccolto il massimo dei voti nel 2016. Un dato allarmante».
«C’è ancora fame di democrazia»
«C’è ancora fame di democrazia in posti del mondo dove le libertà sono assenti. Le recenti proteste in Sudan e in Kazakhistan sono due esempi di lotta per i diritti». Serra, in collegamento da Londra, è stata chiara al riguardo. Ma non ha perso occasione per sottolineare la gravità di quanto accaduto in Afghanistan in seguito al ritiro delle truppe americane. «Il disastro dello scorso agosto ha rappresentato un danno morale gigantesco per la democrazia nel mondo arabo. Se a questo ci aggiungiamo il sostanziale fallimento delle primavere arabe e la fragilità stessa della democrazia in occidente, le prospettive democratiche in medio oriente sono tutt’altro che buone».
«La democrazia non è un processo lineare»
«La democrazia non è un processo lineare. È un viaggio che può andare avanti e indietro». Usando questa metafora, la direttrice Tocci, padrona di casa, si è soffermata sulla fragilità sistemica delle democrazie. «Parlare apertamente delle fragilità insite nella democrazia è uno dei modi per aiutare la democrazia stessa. Come nei cicli hegeliani, abbiamo capito che c’è una complessità nella democrazia che è parte intrinseca della democrazia stessa». È con questa considerazione che si è chiuso il forum.