Ah, i giovani d’oggi
Non c’è più «il vero Sanremo era quello di una volta», dice un signore che chiacchiera con un gruppo di amici al di fuori dell’Ariston. «Adesso i cantanti di un certo livello evitano la competizione», continua, affermando di non seguire le nuove proposte e citando gli «evergreen Elisa, Morandi e Ranieri». Secondo un altro signore, in fila per assistere alla prima sera, il festival «come era prima» era più allineato rispetto ai tempi. «Per i giovani può anche andare bene, ma noi ormai non riusciamo più a capirlo». Tra le vie della città, il giorno dopo la serata inaugurale del festival, tutti discutono sulle esibizioni che hanno visto. Dalle loro parole emerge un binomio pressoché costante: i più anziani si dispiacciono di non riuscire ad apprezzare performance degli artisti più giovani. «Meglio che chieda a un ragazzino un commento», dice a Zeta una signora allontanandosi, «per noi è proprio difficile». I giovani che invece passeggiano sul lungomare non fanno altro che parlare di Achille Lauro. «È sempre fantastico», dicono ogni volta che si nomina il suo nome.
Il soffitto di Pulcinella
Quello che appare come un gigantesco palco è in realtà una struttura contenuta, amplificata dalla scenografia in una sala che occupa quasi duemila posti. Gli alti gradini che ogni anno preoccupano ospiti e cantanti dai tacchi vertiginosi sono larghi e poco elevati rispetto al palco. Ma se c’è un aspetto che la televisione non restituisce ai suoi spettatori, è la decorazione permanente del soffitto del teatro, che comincia dall’atrio e si estende fino all’interno. Maschere di pulcinella, colombina e pantalone, affrescate a figura completa secondo uno stile che ricorda il razionalismo di primo Novecento. L’autore, Carlo Cuneo, lo ha realizzato nel 1963 in occasione dell’inaugurazione del teatro. Un omaggio alla commedia dell’arte e soprattutto al Carnevale, che cade storicamente nel mese di febbraio.
A ritmo di canzone
Durante il festival della canzone, la città dei fiori sembra prendere i ritmi della kermesse. Dalla mattina all’inizio della gara, via Giacomo Matteotti, il corso principale della città, si riempie di persone che canticchiano sopra la musica diffusa lungo le strade. Le più popolari hit della storia del festival, da “Blu dipinto di Blu” a “Zitti e buoni” accompagnano lo shopping pomeridiano di turisti e sanremesi, mescolandosi ai suonatori di strada che propongono hip hop o reggaeton. Ogni negozio espone palloncini a forma di nota e decorazioni con frasi tratte da canzoni. Sulla via, incisi i nomi di tutte le canzoni vincitrici dalla prima edizione del festival canoro del 1951. Passata l’ora dello spritz però, la città si acquieta velocemente: la maggior parte delle persone è a casa a seguire il festival. La sera a Sanremo passeggiano soprattutto curiosi, che attendono pazientemente davanti alle transenne del teatro Ariston o ai lati dell’Hotel Globo, nella speranza di intravedere qualche «vip della tv».
Un festival diffuso
Se l’intera cittadina si trasforma in una vera e propria città della musica, lo è anche perché gli eventi della canzone non occupano solamente l’orario serale. Piazza Bresca, sul lungomare, è luogo solito d’incontro di vip e cantanti, assicurano i sanremesi. Ma quest’anno la situazione è diversa. Gli artisti limitano al minimo i contatti per evitare di risultare positivi ai quattro cinque tamponi giornalieri previsti per salire sul palco. Anche davanti Casa Sanremo, spazio dedicato alle interviste, c’è poco via vai. Qui più che eventi musicali a regnare è tutto il mondano che gira attorno alla rassegna. Influencer e personaggi televisivi passano qui il loro tempo a rilasciare interviste e a conoscersi tra di loro.
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