«Non hai una bella faccia».
«Neanche tu».
Parla Lance Armstrong, risponde Alessandra De Stefano. Attitudine, coraggio, testa dura: così ha costruito la sua carriera. Che si trovasse di fronte al ciclista più popolare in circolazione o a un suo superiore, è stata la forza di andare controcorrente che l’ha guidata. «Ho deciso che avrei fatto le cose alla mia maniera o non le avrei fatte» e dopo anni di sacrifici oggi è la prima donna della storia al comando di Rai Sport.
«L’autenticità» per emergere, gli «occhi come arma, molto più della penna». La sua prima lezione al Master di Giornalismo e Comunicazione Multimediale è un viaggio nell’essenza del giornalismo. «Un mestiere che ha un che di felino», perché chiede di essere vigili, osservare attentamente la realtà «senza limitarci mai a quello che abbiamo davanti agli occhi». Lo chiama «giornalismo cubista», quello di chi vive il mondo come una realtà a più facce e cerca di dipingerle tutte.
«Non prendete appunti», chiede. È un invito proprio a non staccare mai lo sguardo da ciò che ci circonda. «Ma non limitatevi a guardare, dovete vivere gli eventi per farli vivere a lettori, ascoltatori, spettatori». Che sono al centro di tutto, e a cui dobbiamo una comunicazione semplice, con la giusta misura d’enfasi. Senza preconcetti, senza arrivare in un posto pensando «oggi scriverò così», ma armati di conoscenza e curiosità, pronti ad ogni evenienza.
Attenti, sì, ma che non vuol dire quieti. «Fate domande». E quando le fate «abbiate personalità. Gli intervistati vogliono sedurci, perché tutti vogliono piacere agli altri. Prendete Lance Armstrong: quando mi disse quella frase, e vide che dopo io non lo cercai per intervistarlo, poi fu lui a cercare me, una giornalista qualsiasi di una televisione italiana. Siamo noi giornalisti, al contrario, che dobbiamo essere abili a sedurre i nostri interlocutori con la nostra autenticità».
Ma il giornalismo per De Stefano, la donna che entra in redazione «con l’elmetto», è anche un mestiere massacrante, «che vi porterà a sacrificare la vostra vita. Vi chiederà di sdoppiarvi, di trovarvi per terra a scrivere un servizio mentre raccontate un evento in diretta alla radio». Sarà anche per questo che «noi giornalisti siamo tutti un po’ bipolari».
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