È l’ultimo allenamento. Il mister raduna i suoi giocatori in cerchio al centro del campo. A terra una bandiera italiana con le firme di tutti: calciatori, staff, le squadre di provenienza e anche i nomi «di quelli che avrebbero voluto essere qui al vostro posto». «La maglia è pesante ma il cuore è leggero e domani daremo tutto» dice l’allenatore prima di lanciare un urlo che fende l’aria: «Perché noi siamo l’Italia!». Un grido che mette i brividi, da cui trasudano emozione e consapevolezza, rese ancora più forti dal fatto che i giocatori riuniti in cerchio quel tricolore con le firme e quella maglia azzurra che è il sogno di milioni di bambini non li possono vedere.
Siamo alla vigilia degli Europei di calcio a cinque B1 per non vedenti, che quest’anno si tengono a Pescara, presso il Delfino Training Center di Città Sant’Angelo. Un traguardo sentitissimo per un gruppo di ragazzi in cui la passione per il calcio permette di superare anche la mancanza della vista, il senso con cui le masse seguono lo sport più amato al mondo.
L’idea che i non vedenti possano giocare a calcio sembra avere delle difficoltà insormontabili, ma con alcuni accorgimenti si può dare vita a delle partite dai ritmi elevati e di altissima intensità fisica, con giocate che non riuscirebbero alla maggior parte dei normodotati.
Le due squadre si schierano in un campo con le normali dimensioni di quelli da calcio a cinque e a tutti i giocatori viene applicata una mascherina nera, così da livellare la condizioni di chi ha dei residui visivi con chi non vede affatto. Ogni volta che ci si muove bisogna palesare la propria presenza con un segnale vocale (“Voice” quello convenzionale). Sulle linee del fallo laterale vengono montate le sponde, delle barriere in legno o metallo alte circa un metro che servono a far rimbalzare il pallone all’interno del campo e a permettere ai giocatori di individuare i confini laterali del terreno di gioco. Il pallone è dotato di placche contenenti dei sonagli, il cui fruscio segnala dove si trovi la sfera. Il portiere è l’unico elemento vedente in campo, ma questo non vuol dire che il suo ruolo sia privo di difficoltà: deve rimanere confinato in un’area di un metro per due davanti alla porta e ha anche il compito di aiutare i suoi compagni con la voce. Oltre che dal portiere i giocatori vengono supportati dall’allenatore, che dirige la squadra da centro campo, e dalla guida d’attacco, un membro dello staff che si posiziona dietro la porta avversaria e con la sua voce aiuta gli attaccanti a orientarsi; in occasione dei calci piazzati quest’ultimo ha anche il compito di “battere” sui pali con un anello metallico per dare i giusti riferimenti sonori al tiratore.
Il campionato italiano nell’ultimo anno è stato fermo a causa del Covid, ma dallo scorso dicembre la Nazionale ha dato il via a un nuovo corso con uno staff totalmente rinnovato e una rosa ringiovanita. A guidare il processo è il Commissario Tecnico Michele Pugliese. Da oltre 12 anni nel campo del volontariato, non ha mai allenato nel calcio professionistico, ma ha una lunga esperienza con la squadra dell’Unione Ciechi di Bari. «La prima volta che mi chiesero di accompagnare i ragazzi agli allenamenti pensavo mi stessero prendendo in giro. Poi quando li ho visti veramente giocare mi sono innamorato del suono di quella palla e da allora ce l’ho sempre in macchina».
La dedizione al lato umano, oltre che tecnico, nella sua attività si percepisce nel modo in cui parla dei propri ragazzi, di quello che fanno dentro e fuori dal campo. «Cata è un genio» dice indicando durante l’allenamento il numero 2 azzurro, Giuseppe Catarinella. «Oltre a giocare in Nazionale è ingegnere informatico e maestro di pianoforte». Il tono di voce fa trasparire tutta l’ammirazione per i risultati raggiunti dai suoi nonostante la disabilità fisica. «Il numero 7 invece è Paul Iyobo, e altri 27 nomi che non ricorderemo mai», dice ridendo. «Anche lui è un ingegnere informatico e il nostro bomber indiscusso». Le parole più sorprendenti sono però quelle riservate ai portieri. «Anche se può sembrare paradossale il loro ruolo è il più difficile: devono stare attenti alla palla e dare indicazioni ai compagni, il tutto restando confinati in un’area di due metri per uno. Per me sono dei veri supereroi». «La difficoltà maggiore del nostro ruolo mentre si è in campo è quella di riuscire a immedesimarsi in quello che un non vedente potrebbe e vorrebbe fare», spiega il portiere Riccardo Locatelli. Come prevedibile, in allenamento non mancano le prese in giro in occasione dei gol subiti dai propri compagni, ma fa tutto parte di quella giusta dose di ironia che aiuta a normalizzare il tema della disabilità e a cementare il gruppo, in cui portieri e staff sono supporti imprescindibili anche fuori dal campo.
Un gruppo che ha la sua guida nel capitano Sebastiano Gravina, veterano della Nazionale, appassionatosi al calcio attraverso le radiocronache di Francesco Repice. «Ma mi piacciono anche quelle televisive di Fabio Caressa perché sono molto intense». Sebastiano è anche un influencer da oltre 150mila follower su TikTok, dove sul suo canale Videociecato racconta con ironia la vita quotidiana di un non vedente. «Molti mi chiedono come fa un cieco a compiere attività banali, come allacciarsi le scarpe o farsi un selfie. Quello che voglio far vedere è che a loro modo anche i ciechi possono fare tutto».
In questo tutto è ovviamente compreso giocare a calcio, attività resa possibile da metodi di allenamento pensati specificamente per i non vedenti. «La parte fondamentale è il dominio della palla, mettere il pallone tra i piedi dei giocatori per allenarli a percepire ciò che non possono vedere». A parlare è il vice allenatore Giovanni Avallone, tecnico professionista di calcio a cinque diplomato a Coverciano, voluto a tutti costi nello staff da mister Pugliese. «L’aspetto più bello e interessante del lavoro con i non vedenti è il fatto che ti porta a parlare in una società in cui invece si parla sempre di meno». Tra le attenzioni fondamentali da tenere vi sono i momenti in cui prima della partita i giocatori vengono lasciati liberi per il campo per prendere confidenza con l’ambiente in cui si troveranno a giocare.
Lo sforzo messo in campo dal CT Pugliese e dal suo staff è enorme, in un paese in cui però lo sport per i disabili non ha la considerazione sufficiente a permettere uno sviluppo costante. «Quando ci confrontiamo con altre nazionali ci rendiamo conto della differenza tra noi e i paesi con cui anche lo sport per disabili è professionalizzato», spiega Sebastiano. «I giocatori tedeschi e inglesi sono stipendiati dalle loro squadre, non certo con i milioni della serie A, ma comunque uno stipendio dignitoso. In Italia invece siamo tutti dilettanti». Una disparità non solo salariale, ma anche organizzativa. «Quando siamo stati a Birmingham ad aprile ci siamo allenati nel centro sportivo della Football Association, che in Inghilterra è l’unica federazione che presiede a tutte le attività calcistiche, comprese quelle paralimpiche». Questo vuol dire che gli atleti non vedenti inglesi condividono gli stessi spazi utilizzati da Harry Kane e dagli altri campioni della Nazionale di calcio a undici. «Io penso di aver dormito nel letto di Gaiscogne perché sentivo ancora il whisky sul cuscino», scherza il mister.
In Italia invece la Fispic (Federazione italiana sport paralimpici per ipovedenti e ciechi) è una federazione indipendente sotto l’egida del Comitato Paralimpico. Al momento il nostro paese mette a disposizione pochi fondi e un numero limitato di strutture adeguate per questo sport, ma la speranza è che l’organizzazione dell’Europeo in Italia (la terza volta in nove anni) possa portare a una maggiore conoscenza e valorizzazione della disciplina.
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Un’Europeo che si è concluso in trionfo per i ragazzi di Mister Pugliese. l’obiettivo dichiarato era infatti quello di qualificarsi per la prima volta nella storia al Mondiale di Birmingham 2023, privilegio riservato soltanto alle prime quattro classificate e che per gli azzurri sembrava sfumato col terzo posto nel girone dietro Francia e Turchia. Ma essendoci tra le semifinaliste l’Inghilterra, qualificata di diritto al campionato del mondo in quanto organizzatrice, sono diventati decisivi gli spareggi per il quinto posto che gli azzurri hanno dominato battendo 4-2 la Romania e 3-1 la Polonia. Un’Italia da tifare al Mondiale alla fine ci sarà.