«La musica non ha senso, ma ha un significato: ha significati che si svelano nel praticarla, nell’usurarla». Nel 1996, con Praticare l’impossibile, il letterato Edoardo Sanguineti dedicava un intero scritto alla poetica artistica di John Cage. L’opera del musicista americano fu uno spartiacque per la storia della musica del secondo Novecento e rivoluzionò il concetto di fare musica ampliandone la definizione al rumore e al silenzio. L’arte, con Cage, ha valore in quanto esperienza e non per il suo valore emotivo ed intellettivo: così l’opera artistica, sempre in divenire, si aggiorna e si arricchisce nel suo continuo praticarla.
Figli di quel tempo sono Robert Wilson e Lucinda Childs, rispettivamente artista teatrale e coreografa, che per la prima volta collaborarono insieme nel 1976 per Einstein on the beach, opera di un altro maestro del Novecento, Philip Glass. Decenni di collaborazioni fino ad arrivare ad oggi dove, all’Auditorium Parco della musica Ennio Morricone di Roma, hanno presentato la loro nuova creazione, Relative calm. L’opera, realizzata in collaborazione con Fondazione musica per Roma, il Teatro comunale di Bologna e il Teatro europeo di Toulouse, affianca la rivisitazione di due storiche coreografie di Lucinda Childs al Pulcinella di Stravinskij.
L’astratto in Relative Calm
Il balletto, composto nel 1920 su volontà di Sergej Djaghilev e rielaborato dall’autore nel 1922, rappresenta per i due artisti un confronto inconsueto rispetto alla tradizione alla quale appartengono. «Con Stravinskij ho esplorato un mondo musicale che non faceva parte dei terreni musicali da me più praticati», racconta Childs. «La storia di Pulcinella rappresenta esattamente quel tipo di narrativa che, fin dagli anni Sessanta, vogliamo combattere con il nostro lavoro. A noi non interessa raccontare storie, ma lavorare con l’astratto». Affrontare Stravinskij ha perciò rappresentato una sfida e allo stesso tempo un rischio. «Non volevo tradire la mia storia. Dovevo trovare me stessa in questo lavoro e far rivelare alla maschera di Pulcinella quello che nasconde, ma in un modo differente».
Posto al centro tra le due coreografie su musica di autori contemporanei come Jon Gibson e John Adams, Stravinskij funge da perno dell’intera opera. «Ho deciso di mettere il Pulcinella al centro perché si tratta di qualcosa di completamente diverso rispetto agli altri due compositori. Stravinskij svolge una funzione di punto di svolta sia dal punto di vista sonoro che visivo, proprio come nel teatro di Shakespeare». Sulla continuità con un teatro di tipo tradizionale Wilson insiste molto. «Tutto il mio teatro è un masque con musica e testo. Le immagini sul palcoscenico sono una maschera dietro la quale ascoltiamo e vediamo altro».
Tempo e Spazio
In Relative Calm, il pubblico è invitato a sentire dietro ciò che c’è oltre l’immagine scelta da Wilson. Il suo è un lavoro matematico, nel senso quasi bachiano del termine: i numeri si nascondono nel rapporto che azioni dei ballerini e linee sullo schermo intessono tra di loro. Ai disegni spezzati di Rise (Jon Gibson), si accompagnano le sequenze morbide dei danzatori. Alle tondeggianti forme di Light over water (John Adams) si oppongono movimenti rigidi. Un lavoro di opposti che raggiunge l’agogica con il Pulcinella. Ridotta all’essenza visiva del rosso e del nero, la musica di Stravinskij, spezzata come la marionetta di cui racconta, è stravolta e affidata all’immobilità di tre ballerini e al minimo movimento. «Marta Graham, celebre coreografa, ci ha insegnato che, finché siamo vivi, c’è movimento. Se non siamo consapevoli di questo non puoi cominciarne uno, puoi solo continuare quello che già c’è. Per questo io comincio dal movimento che c’è nell’immobilità».
Se, come per Cage, l’arte di Wilson e Childs è «qualcosa di cui si fa esperienza», la sua ragion d’essere si muove sulla costruzione del tempo nello spazio. Il teatro dei due maestri non ha un inizio e una fine: indipendentemente da ciò che mettono in scena, il loro è un tempo relativo, fatto di istanti compresenti sui quali agisce la danza («Il corpo non mente»). Cosa vedere dietro l’unione di gesto e sguardo è un dono che gli artisti affidano ad ogni spettatore.
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