Il mondo di Il nostro giorno verrà è fatto da un prato verde e da alti boschi dove lucciole volano intorno a cerchi di funghi. Il vento soffia forte tra le fronde, nato dalle onde blu dell’oceano. Il sole si nasconde tra le nuvole di un grigio ceruleo, come una perla opaca che getta ombre scure sul tempio di Mussenden affacciato sul mare delle sirene. È un mondo fatto di fate, misteri, miti, tradizioni, ma soprattutto è un mondo dove le donne cercano il loro posto, il loro ruolo, la loro libertà, la loro Irlanda.
Edith Joyce, scrittrice, psicologa e microinfluencer è al suo esordio nel mondo dell’editoria, eppure il suo libro è già un successo ancor prima di essere venduto nelle librerie italiane (in uscita il prossimo 29 giugno). Sono quasi duecento i preorder effettuati per il suo libro, molti con tanto di dedica. Lo scorso 19 giugno la scrittrice ha presentato il suo romanzo alla Casa Internazionale delle donne, a Roma, dove è stata accolta da un assedio di giovanissimi fan: tante le copie vendute con dedica, numerosi i regali donati alla scrittrice e più di mille gli abbracci, i sorrisi, le lacrime.
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La trama
Una storia dedicata alle donne e a tutte coloro che combattono per il proprio ruolo e la propria indipendenza «che stanno trovando un modo, o quelle che l’hanno trovato». Il nostro giorno verrà, di Red Star Press, prende il nome dalla frase in gaelico Tiocfaidh ár lá e fa riferimento al giorno in cui l’Irlanda sarà nuovamente unita e libera dall’ingerenza britannica.
La protagonista Erin O’Brien vive nell’Irlanda del 1914, alle porte delle rivolte di Pasqua del 1916, in una famiglia governata da un padre padrone che tenta di imporre gli ideali e il patriottismo inglese a una famiglia dal cuore irlandese. Erin cresce tra i banchi di una chiesa cattolica e con le favole su fate, gnomi, elfi, ossia le creature che loro chiamano ‘il piccolo popolo’, raccontate dai due fratelli James e Stephen. Con gli anni il suo odio per la dominazione britannica aumenta e accresce in lei un forte desiderio: fare la rivoluzione e sparare agli inglesi.
«Voglio sparare agli inglesi perché non voglio che occupino la nostra terra» dissi.
«È facile sapere contro cosa si combatte». Mi guardò. «È più difficile sapere per cosa si combatte».
«Per l’Irlanda!» […] «Cosa significa per l’Irlanda?»
La rabbia che Erin porta con sé è esplosiva, dannosa per se stessa e gli altri, come racconta la stessa autrice. Il processo di crescita di Erin non è solo temporale, ma anche spirituale e intellettuale. Col tempo imparerà a incanalare la sua rabbia per un’ideale più grande, trasformandola in un punto da cui ripartire, combattere, rinascere.
L’amore e il rapporto fraterno è uno dei cardini narrativi del romanzo. Edith Joyce rappresenta magistralmente l’affetto familiare che supera limiti, barriere, litigi, anche la morte. In particolare il rapporto odi et amo con il fratello James è ciò che maggiormente riesce a far immedesimare il lettore, perché la famiglia va oltre ogni litigio, ogni tradimento: «conoscere la verità l’avrebbe condannata ad altra sofferenza e avrebbe reso più crudele il suo dolore. Era condannata per sempre ad amare James».
Meno conflittuale, ma ugualmente autentico, il rapporto con Stephen, con cui Erin condividerà l’amore per l’Irlanda, per la rivoluzione e per la libertà. Il fratello rappresenterà per lei la figura paterna da seguire, il modello a cui ambire e che mai potrà emulare.
L’essere donna la renderà nemica di sé stessa, impossibilitata dall’avere un ruolo nella battaglia e un trattamento ugualitario a quello degli uomini. I suoi vestiti, il suo sesso, i suoi capelli, tutto ciò che la sua identità di genere mostra verrà soppresso per sentirsi rispettata come un uomo. Erin taglierà i suoi capelli d’oro e li nasconderà sotto un cappellino militare. Toglierà gonne di perle e vestiti per cingere il suo grembo con dei pantaloni da uomo.
«Ma non erano solo pantaloni, erano una prova generale di libertà».
Per quanto un altro pilastro narrativo sia la storia d’amore con il giovane Seán Colbert, sembra solo al terzo posto nel cuore della giovane Erin. L’amore per la sua Irlanda e per la sua famiglia sono più forti e arrivano direttamente al lettore.
Fil rouge dell’opera è il rapporto degli irlandesi con il piccolo popolo. Non è solo una credenza, ma una reale convinzione, un rispetto del mondo in cui si è ospiti e non padroni: «non disturbare il bosco». Edith Joyce riesce a portare l’Irlanda ai lettori italiani, con pagine che risuonano delle cicale nei boschi e dei garriti dei gabbiani sull’oceano. Il nostro giorno verrà è un romanzo che insegna a inseguire i propri sogni e ideali, con un pizzico di realismo magico e di amore che supera ogni limite: «l’Irlanda non conosce altri confini se non il mare».