Uno scuolabus giallo accompagna una ragazzina di meno di dieci anni a casa. In sottofondo Run this Town. La casa si trova in un’area periferica della città, in un quartiere afroamericano. La ragazzina scende dal pulmino e torna a casa. Giusto il tempo di scambiare due chiacchiere con la mamma che le ruba, e poi indossa, un paio d’occhiali più grandi della sua testa. Hanno la montatura nera e dorata, le lenti gialle. La ragazzina inizia a camminare per le strade del ghetto con passo deciso, prende coscienza di sé, intorno a lei nessuno ha più importanza. Come Rihanna quando si esibisce sul palco. Alza lo sguardo e vede un cartello: Rihanna Drive. Si ferma a osservarlo prima di correre da alcune amiche che stanno facendo volare un aquilone. Ne fa volare uno, la telecamera si allontana e sullo schermo appaiono delle scritte: «La mia vita è stata modellata su questa strada. Ero solo una ragazza che faceva volare gli aquiloni, ma avevo dei grandi sogni».
Così Apple, al primo Halftime Show dopo i 10 anni in cui la Pepsi ha monopolizzato il mercato delle sponsorizzazioni, ha voluto presentare lo spettacolo di fine primo tempo di Rihanna. In un Superbowl caratterizzato dalle prime volte, si veda i casi dei fratelli Kelce, primi a scontrarsi al Superbowl, passando per i due quarterback, i primi due quarterback afroamericani a sfidarsi, arrivando al primo show di Apple e Rihanna. Sul palco RiRi è vestita in rosso, ai suoi piedi un esercito di ballerini vestiti in bianco e coperti dalla testa ai piedi. Alla metà campo un palco ancorato al suolo, in alto dieci palchi sospesi in cui l’artista è la stella polare. Sale e scende rimanendo al centro della scena: inizia con Bitch Better Have My Money, mentre i ballerini danzano come sciamani che onorano la propria dea. Nelle riprese larghe non sembra esserci un singolo telefono rimasto nelle tasche dei rispettivi proprietari. Tutti devono avere un pezzo della stella più luminosa.
Negli ultimi due giorni negli Stati Uniti le ricerche Google accostate al nome di Rihanna hanno raggiunto l’indice di 100 punti fissato da Google Trends per stabilire se qualcosa è di interesse o meno. Per mettere in prospettiva due cose così diverse, eppure così simili, come lo spettacolo e la politica: il discorso sullo stato dell’Unione di Joe Biden, nel giorno in cui era previsto, ha raggiunto i 58 punti; già da sabato mattina, invece, il nome di Rihanna è stabile oltre quota 100.
Ancheggia, ammicca, detta il tempo ai ballerini mentre si muove sul palco passando da un disco di platino all’altro. Where Have You Been, We Found the Love, Work, Pour It Up e Umbrella scorrono veloci con il deejay dell’evento che remixa tutto il remixabile per scandire le transizioni da una canzone all’altra. L’effetto che si viene a creare è divertente: l’incubo di una serata house svanisce non appena Rihanna inizia a cantare, riprendendo in mano le redini dello spettacolo. Prima della fine è il momento di separarsi dal candido esercito di ballerini che l’ha accompagnata fino al termine di All of The Lights. La stella, d’altronde, è lei.
«Feel it comin’ in the air, here the screams from everywhere. I’m addicted to the thrill, it’s a dangerous love affair…» L’inizio di Run This Town squarcia il brusio e viene seguito da un boato. Come sempre qualche fortunato è riuscito a raggiungere il bordo palco e guarda Rihanna come si guarda una cometa. Non è finita però. C’è tempo per un ultimo passaggio sul palco sospeso e per una modifica al look. La tuta rossa viene coperta da un piumino a trequarti dello stesso colore. La decisione è quella di chiudere i 29 minuti di fine primo tempo con Diamonds, un ultimo sussulto a uno spettacolo in media con gli altri. Alla fine dell’esibizione RiRi ammetterà di essere in cinta
I primi 50 milioni di dollari spesi da Apple sono stati tutto sommato ben spesi e hanno fatto ricordare al pubblico perché è stato giusto crescere con le canzoni di Rihanna in cuffietta. Il primo Superbowl di Riri è stato bello come un diamante che nel cielo, almeno la scorsa notte, c’è stato per davvero.