«Più che un sindaco nominato, sarò un sindaco costruttore. Continueremo a essere ancora con e tra le persone. Continueremo ad ascoltare e a dialogare». Sono queste le prime dichiarazioni del neosindaco di Udine, Alberto Felice De Toni, dopo l’ufficialità della sua vittoria, con il 52.8% dei voti, contro il candidato uscente del centrodestra, Pietro Fontanini. Di costruzioni, e di cosa serve perché riescano a resistere al tempo che le erode, De Toni se ne intende. Professore di ingegneria economico-gestionale all’università di Udine, dove è stato anche magnifico rettore per sei anni, l’ingegnere è l’unico sorriso che le elezioni regionali e amministrative hanno regalato al centro-sinistra negli ultimi mesi.
Una vittoria, quella della coalizione, affatto scontata visto che al primo turno Fontanini era arrivato primo e considerando che solo quindici giorni fa, il leghista Massimiliano Fedriga era stato riconfermato come Presidente di Regione in Friuli-Venezia Giulia. A Udine, dove oggi ha trionfato il campo largo (PD, Terzo Polo, Alleanza Verdi e Sinistra), Fedriga aveva ottenuto il 65.5%. Una linea di continuità spezzata quest’oggi anche grazie al supporto del candidato del Movimento 5 Stelle, Ivano Marchiol, con cui si è trovato un accordo dopo il primo turno: «Dopo i risultati del primo turno si vedeva che la partita era ancora aperta al ballottaggio. La differenza l’ha fatta anche la dimensione urbana della città: questo tipo di realtà anche in contesti regionali, favorevoli tradizionalmente al centrodestra, tendono ad avere un orientamento verso il centrosinistra», commenta Lorenzo Pregliasco, sondaggista e fondatore di YouTrend.
Largo il campo, stretta la via
A differenza delle Regionali di quindici giorni fa, dove Renzi e Calenda puntarono su Alessandro Maran, PD, Terzo Polo e AVS hanno corso insieme, godendo dell’appoggio al ballottaggio anche dell’indicazione di voto del candidato del Movimento 5 Stelle. Il campo largo, che tutto insieme non si è mai schierato, basti pensare alla scelta di Letizia Moratti in Lombardia per il fu Terzo Polo e a Donatella Bianchi proposta nel Lazio dal M5S, ha finalmente segnato il gol della bandiera, in una partita che, a livello locale, il centrodestra sta dominando. Per Pregliasco, però, i ballottaggi in un’elezione comunale non sono una scelta sulla formula politica, ma sui candidati: «In questo contesto il voto diventa molto personale. Apparentamenti, alchimie e formule politiche contano molto meno e diventa prevalentemente una scelta tra due figure».
È raggiante il tono della neocapogruppo alla Camera del Partito Democratico, Chiara Braga che, in un tweet, pochi minuti dopo l’ufficialità dell’elezioni di De Toni, scrive: «Un’idea di città, un progetto di società più inclusivo, tollerante e solidale può battere la Lega, può battere la destra. È successo a Udine. Bravo sindaco De Toni». Più moderata nel riconoscere il successo è, invece, la segretaria del PD, Elly Schlein: «Una vittoria costruita grazie a un bel lavoro di squadra. Ad Alberto Felice De Toni vanno gli auguri di buon lavoro da tutta la comunità democratica».
Un successo smorzato dalla consapevolezza che il corso Schlein debba ancora fare il suo tempo e sciogliere i nodi che si pareranno davanti alla nuova segretaria: «Il Partito Democratico ha problemi ben più seri rispetto alla boccata d’ossigeno che può arrivare dalla vittoria di Udine. Ci sono due temi in particolare, quello della competitività nazionale e delle alleanze, che sono da affrontare. Inoltre, uno schieramento di centrosinistra parte svantaggiato in tutte le elezioni in cui si premiano le coalizioni, perché ci sono più difficoltà nel mettersi insieme».
Il centro-destra e l’affluenza
Se il governatore del Friuli-Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, ha fatto i complimenti a De Toni, dal centro-destra di governo si è alzata anche qualche protesta. Il motivo è la legge elettorale che prevede il ballottaggio nei comuni che hanno più 15.000 abitanti. Il capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, Alessandro Cattaneo, ha dichiarato che a De Toni «sono bastati 18.371 voti per diventare primo cittadino, al secondo turno, contro i 19.524 registrati da Fontanini al primo. È evidente che esiste un problema».
Già a marzo, la maggioranza era stata costretta a ritirare un emendamento che di fatto avrebbe cancellato i ballottaggi. L’affluenza al secondo turno odierno è stata del 44%, contro il 53% del primo turno, dove le Regionali avevano fatto da traino per molti elettori. Dati più alti rispetto all’ecatombe del Lazio a febbraio, ma in calo rispetto al 2018. «In Italia il calo fra primo e secondo turno è fisiologico: gli elettori dei candidati esclusi dal ballottaggio sono meno motivati nell’andare a votare. È un dato comunque basso che sta colpendo anche i comuni e le città, perchè a livello culturale ci si è abituati, anche nei nostri territori, a che il nostro voto non conti».