«A me viene da ridere, perché alcune di queste non sono state molestate, o sono state approcciate in maniera blanda». Risponde in questo modo Luca Barbareschi nell’intervista pubblicata il 9 maggio sul quotidiano La Repubblica alla domanda della giornalista che lo interrogava sulle denunce di molestie avanzate dalle attrici di Amleta, l’associazione che si occupa di promuovere la parità di genere nel mondo dello spettacolo.
La citazione continua ma non serve aggiungere altro a queste parole per capire come l’intervento di Barbareschi contribuisca ad alimentare quel processo di banalizzazione di un’esperienza comune che influisce in modo determinante sulla vita delle donne ma che, nonostante questo, viene spesso sminuita e ridicolizzata.
Il catcalling? Non è una molestia, sono complimenti per strada, dovremmo esserne grate. I trattamenti inappropriati sui luoghi di lavoro? Dipendono dai nostri atteggiamenti. Le molestie sui mezzi? Sicuramente c’entra il nostro modo di vestire.
Ma la quotidianità dell’esperienza di molestie, quanto questa influisca sulla vita di tutti i giorni delle donne, non è più trascurabile. Lo dimostrano le esperienze diffuse, fotografate, per fare un esempio, dall’ultimo report promosso dall’associazione Violawalkhome che si occupa della sicurezza in strada delle donne.
Il documento, reso pubblico ad aprile 2023 si occupa di indagare la percezione di pericolo delle persone sui treni, nelle stazioni e nelle zone ad esse circostanti.
Dai dati, rappresentativi principalmente di donne comprese tra i 18 e i 35 anni, emerge che l’86 per cento delle persone intervistate dichiara di non sentirsi al sicuro sui treni. Questa percezione di pericolo riguarda in modo particolare i treni regionali dove, rispetto ai mezzi a lunga percorrenza, dichiara di sentirsi maggiormente insicuro il 22 per cento del campione.
La percezione di pericolo riguarda anche le stazioni e le zone a esse circostanti. In questi luoghi la totalità delle donne dichiara di sentirsi in pericolo. Il dato risulta particolarmente interessante perché riguarda le principali frequentatrici di treni e stazioni: più una donna deve spostarsi con il trasporto pubblico, meno si sente sicura nel suo utilizzo.
A questo modo di sentire corrispondono le esperienze di molestie che il 40 per cento delle intervistate riferisce di aver subito in questi contesti. Il 60 per cento, invece, sostiene di conoscere qualcuno che ha avuto questa esperienza.
Non sarà difficile, per molte, riconoscersi in questi numeri che si traducono nella vita quotidiana in scelte da compiere, rinunce da fare. Preferire l’orario di un treno rispetto a un altro in base all’orario di arrivo o di partenza. Evitare determinate fasce temporali. Non partire troppo presto, non arrivare a destinazione troppo tardi. Fare in modo di trovarsi nel vagone insieme ad altri viaggiatori, considerare l’illuminazione alla stazione di arrivo. Tutto questo anche a costo di spendere di più per spostarsi.
Le stesse considerazioni vengono fatte per i movimenti interni alle città. Anche in questo caso i dati sono stati fissati in rapporti che l’associazione Violawalkhome ha dedicato alla sicurezza percepita per le strade di diverse città italiane, tra cui Milano, Torino, Roma.
In questi documenti emerge ancora una volta la sussistenza di un’esperienza diffusa e condivisa da molte donne che ritengono di non potersi muovere in sicurezza e libertà negli spazi pubblici della città in cui vivono di notte, ma anche di giorno. Anche in questo caso tale consapevolezza porta a compiere scelte concrete che investono la sfera economica e sociale delle donne italiane. Molte riferiscono di aver rifiutato posti di lavoro, di aver rinunciato a occasioni mondane come feste o cene. Tutte affermano di essere obbligate a prendere un taxi al posto dei mezzi pubblici per spostarsi almeno una volta alla settimana, soprattutto nel weekend, con ricadute economiche per alcune non trascurabili.
Per molto tempo le donne hanno subito fenomeni di molestie ritenendo di doverli accettare in silenzio, sminuendoli a sé stesse. Il percorso di autoconsapevolezza è stato lungo, ancora è in corso. Per questo è importante ribadirlo, spetta a noi decidere se un complimento ricevuto per strada è opportuno, se è solo un «blando approccio».