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Esclusiva

Maggio 23 2023.
 
Ultimo aggiornamento: Giugno 4 2023
La forza dei volontari: «Una persona che non mi conosce, mi ha affidato i suoi ricordi»

Gli studenti degli atenei dell’Emilia Romagna si sono adoperati per aiutare alcune città colpite dall’alluvione

I banchi, le aule di molte università, attendono di essere ripopolate in seguito all’alluvione che ha colpito l’Emilia Romagna. Le lezioni sono sospese. Così gli studenti, come in un’escursione atipica, in cui non si conosce la meta, si incamminano per le strade di alcune città riscoprendo l’aiuto per l’altro. «Una persona che non mi conosce mi ha affidato i suoi ricordi». Comincia in questo modo il racconto di Lucia, studentessa di psicologia al primo anno a Cesena e volontaria da quando l’alluvione ha devastato la sua città.

«Un giorno entro in una casa – piena di ricordi ormai distrutti – di una signora. Viveva da sola, ma aveva viaggiato molto, c’erano tanti souvenir. Mi chiede di riordinare le foto di famiglia – riferite ad intere generazioni – immerse nell’acqua. Le ho raccolte in alcuni sacchetti e le ho fatte asciugare al sole. È stato un momento davvero intenso. Come il primo giorno di volontariato. Ero in uno studio legale, stavo svuotando un gigantesco archivio. Si era salvato solo il primo scaffale. I faldoni erano molto pesanti. Le persone ci hanno visto che eravamo in difficoltà e ci hanno chiesto: “Avete bisogno di aiuto?”. In poco tempo si è creata una catena di persone che è confluita in una felicità incontenibile quando siamo riusciti a tirare tutto fuori dal fango».

«Siamo andati a Forlì, abbiamo aiutato un signore a pulire la cantina. Quando ha preso le scarpine della sorella più piccola, ha iniziato a piangere». Giulia, studentessa a Cesena, va via da qui, perché i volontari sono già molti. E decide di partire con i suoi compagni di corso. Quando arriva sul posto, in un luogo simile a un ripostiglio, ha contezza di un dolore grande, quello di «una famiglia che sta bene», ma la casa è distrutta. «I maglioni, i vestiti che erano pronti per il cambio di stagione», adesso non lo sono più.     

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 «Stavamo sgombrando la palestra, colma di acqua. Mentre stiamo svuotando i secchi, un signore ci vede e ci ringrazia, rivelandoci che, vedendoci, ha trovato la forza. Così si munisce di stivali, pantaloni adatti e inizia ad aiutare». Un «episodio trasversale» che non riguarda solo le persone colpite.

Centocinquanta metri. Questa distanza separa Riccardo – studente dell’università di Bologna che vive a Cesena – da «un centro commerciale» che, «prendendo tanta acqua», probabilmente, «ha riparato la zona dove abita», facendo in modo che rimanesse «illesa». Dopo l’alluvione, sceglie di andare oltre quello spazio che l’ha salvato, diventando volontario. «Siamo stati chiamati da una signora anziana. La casa, al piano terra, era inondata». Questa è la prima cosa che vede. Il figlio lavora fuori città, ma dopo l’accaduto si è precipitato. «Ricordo che quando si imbattuto nel seggiolone in legno, nelle scarpine di quando era neonato, si è emozionato». Sono tutti ricordi che ha deciso di tenere. «Quando percepisci la gioia nelle persone, quando nel loro volto avverti lo stupore di avere trovato un’unità e una vicinanza così grande, riscopri la forza. Il popolo romagnolo è forte».

Ascolta: Il Massacro