Nicola Pietrangeli, che a Parigi ha vinto due volte, lo chiama «il Re Leone». Domenica, Novak Djokovic ha conquistato il suo terzo titolo del Roland Garros e non ha sorpassato solo la leggenda del tennis italiano. Quello sollevato sul rosso del Philippe Chatrier è il suo 23º trofeo Slam, uno in più di qualsiasi altro uomo (Nadal è fermo a 22) e tanti quanti Serena Williams. Ne avrebbe vinto uno in più, 24, Margaret Court, anche se i suoi non risalgono tutti all’Era Open, quando è nato il tennis professionistico come lo conosciamo oggi.
«Lui è come il Re leone, e attorno a lui ci sono tutti gli altri che provano buttarlo giù. Magari un giorno ce la faranno pure a batterlo, ma quest’anno ci vuole ancora molto», illustra Pietrangeli a Zeta. Il messaggio è chiaro: coronare l’aspirazione Grande Slam — cioè la vittoria di Australian Open, Roland Garros, Wimbledon e Us Open nella stessa stagione — è più di una possibilità per Nole.
Fra gli altri record del campione serbo, 36 anni e un fisico inossidabile, ci sono anche le 387 settimane al numero 1 del ranking mondiale, i 38 Master 1000 vinti, le sei ATP Finals sollevate (come Federer). I suoi 23 Slam, fra l’altro, sono un’ode alla continuità: nessuno, come lui, è riuscito a consacrarsi campione di più di un major in sette stagioni diverse. «Il Roland Garros ci ha dimostrato che in questo momento l’unico campione con la C, quella grossa, è proprio Djokovic», analizza Pietrangeli.
«Gli altri sono tutti bravi. L’unico vero campione rimasto è lui, visto che i suoi avversari di sempre sono ormai dei vecchietti», dice facendo riferimento a Roger Federer, ritiratosi a fine 2022, e Rafael Nadal, attualmente infortunato e che potrebbe smettere nel 2024. «Molte delle sue fortune sono arrivate grazie al fisico eccezionale che ha. Mi viene quasi da dire che non ci sia un merito speciale, è nato per questo. Lo dimostra il fatto che abbia battuto un record che sembrava impossibile battere. E, attenzione, non credo si fermerà qui».
«Non voglio dire che sono il più grande di tutti i tempi, sarebbe irrispettoso verso i campioni delle altre ere», ha detto Djokovic dopo la vittoria. Ma adesso che i numeri gli danno ragione, il dibattito è più vivo che mai. Per Pietrangeli, nonostante i 23 Slam, «non è detto che sia il più bravo di tutti i tempi. Certo, ha un bel biglietto da visita in questa discussione. Ma una partita fra Federer e Djokovic non è detto che la vincerebbe lui».
Oggi, però, l’unico confronto che conta è con i più giovani. Nell’ultima settimana Djokovic ha superato Carlos Alcaraz, il suo rivale più accreditato, due volte: in campo, quando l’ha sconfitto in semifinale, e al primo posto del ranking, dove l’ha distaccato di 420 punti. Questo perché «Alcaraz la C grossa ancora non ce l’ha», secondo Pietrangeli. «Perché ha 19 anni, i giocatori europei difficilmente sfasciano tutto prima dei 23-24 anni. Storicamente sono gli australiani e gli americani a esplodere ai 18, 19 anni».
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In vista, insomma, non c’è ancora nessuno che possa replicare i numeri alieni del serbo. Anche perché Pietrangeli non dà grandi speranze a Nadal, operatosi allo psoas a 37 anni e speranzoso di fare del 2024 la sua last dance: «Sarà dura ritornare l’anno prossimo, è un rischio per il suo fisico. Tanto quando avrà 80 anni e vorrà giocare un torneo, nessuno vorrà fargli un favore perché ha 80 anni: tutti vorranno batterlo sempre. Però sarebbe divertente se pure lui chiudesse giocando un doppio con Federer. Dovunque fosse, la città si precipiterebbe a vederli».