«Se mi avessero fatto vedere una sceneggiatura per uno spot contro la violenza stradale portandomi questa storia, avrei detto che era esagerato, che c’erano troppi luoghi comuni e che non poteva essere vero. Invece la realtà è capace di superare anche l’immaginazione e ciò che è successo ieri è una sintesi di tutto ciò che non si deve fare». Commenta così il giornalista Luca Valdiserri, la morte di Manuel, bimbo di 5 anni ucciso dopo uno scontro in auto causato dal gruppo di Youtuber “The Borderline”.
Valdiserri sa bene che queste tragedie sono all’ordine del giorno, lui che ha perso suo figlio Francesco di soli 18 anni lo scorso ottobre 2022, per un pirata della strada che lo ha travolto mentre era sul marciapiede.
«Impariamo a non chiamare questi eventi “incidente”. Dà l’idea di casualità e non è così perché dietro c’è quasi sempre un errore umano. In Francia dicono violenza stradale e lo ritengo un termine più appropriato».
La vicenda
Sono aperte le indagini per comprendere meglio le dinamiche della vicenda. Secondo le prime ricostruzioni i ragazzi stavano girando un video per una delle loro challenge. L’uso dei telefonini e delle telecamere avrebbero distratto il giovane ventenne alla guida (risultato inoltre positivo ai cannabinoidi) della Urus Lamborghini, che si è scontrata contro la SmartForFour con all’interno una mamma con due bambini. Il piccolo Manuel è morto sul colpo, gravi la sorellina di quattro anni e la madre alla guida.
«Ho visto il video che il gruppo “The Borderline” ha caricato su TikTok e mi fa gelare il sangue. Dicono: ‘Ma questo con la Smart che sta facendo? Abbello, la macchina tua costa 300 euro usata al Conad, la mia costa un miliardo. Vale quanto Amazon’. Questa è l’apoteosi peggiore del consumismo. Si dà più valore dell’oggetto che alla vita». Il video è stato attualmente rimosso dai loro social.
Chi sono i “The Borderline”?
Seicentomila iscritti e più di 100 video. Se si cerca su YouTube il gruppo “The Borderline”, si verrà sommersi da tantissime challenge, sfide a cui i quattro ragazzi tra i 20 e i 23 anni, si sottopongono: “24 ore sulle mini zattera”, “quanto puoi resistere nel ghiaccio”, “vivo 50h in macchina” sono solo alcuni dei titoli.
I video più popolari raggiungono anche le 4 milioni di visualizzazioni e spesso sono proprio le sfide ad avere più successo mediatico. Nulla di anormale. Le challenge sono un format molto famoso su YouTube e più sono pericolose o strane, più sale l’engagement.
Il gruppo è anche molto famoso su TikTok piattaforma su cui ha 260 mila followers e quasi 3 milioni di mi piace.
Un errore di uno una colpa di tutti
È semplice adesso accusare i giovani con classici luoghi comuni come “sono sempre con i telefonini in mano”, oppure “tutta colpa dei social”, o ancora “tutto questo solo per i like e la fama”. Indubbiamente la vicenda è inaccettabile e se la vicenda sinora ricostruita venisse riconfermata, non ci sarebbero giustificazioni.
Il problema è questo tipo di vicende pongono i riflettori su due punti focali: l’utilizzo sbagliato e non sano dei social e dei telefonini e la forte arretratezza dell’Italia su una corretta educazione stradale.
«Bisogna continuare attraverso i giornali, i media e la scuola, soprattutto, a parlare di questi argomenti. Siamo un Paese che non ha ancora gli anticorpi. Siamo troppo indietro».
Leggi anche: Borsa di studio Valdiserri