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Esclusiva

Giugno 17 2023.
 
Ultimo aggiornamento: Giugno 16 2023
Senza casa, senza definizione

Dai report dello UNHCR si evince che il cambiamento climatico porta sempre più persone ad allontanarsi da casa

Allarmante il report dello UNHCR, l’organizzazione delle Nazioni Unite per i diritti dei rifugiati, sul numero di profughi registrato lo scorso anno: 108,4 milioni, di cui 8 su 10 sono migranti del clima.

Nel 2022, il numero di persone sfollate con la forza da persecuzione, conflitto, violenza, violazioni dei diritti umani e gli eventi che turbano gravemente l’ordine pubblico sono cresciuti del 21%. Il totale a fine anno rappresenta un aumento di 19 milioni in più rispetto alla fine del 2021.

Le principali cause

Una delle cause da tener presente è sicuramente la guerra in Ucraina: alla fine del 2022, 11,6 milioni di ucraini sono rimasti sfollati, di cui 5,9 milioni all’interno del loro paese, e 5,7 milioni di persone fuggite nei paesi vicini e oltre.

Altri 32,6 milioni di spostamenti erano dovuti a disastri naturali, con 21 % nei paesi meno sviluppati e nei piccoli Stati insulari in via di sviluppo, paesi che hanno subito perdite economiche sproporzionatamente elevate in relazione alle dimensioni delle loro economie a seguito di disastri e cambiamenti climatici. Secondo l’International Displacement and food security (IDMC), sono 8.7 milioni gli sfollati interni a seguito di disastri climatici in 88 paesi e territori al 31 dicembre 2022. Il 45% in più rispetto al 2021.

migranti del clima
Report IDMC

I cinque paesi che riportano maggiori internal displacements sono il Pakistan, le Filippine, la Cina, l’India e la Nigeria. 6 volte su 10 gli sfollati per disastri sono dovuti a inondazioni e tempeste. Il 98% degli spostamenti in caso di calamità sono stati innescati da pericoli legati alle condizioni meteorologiche come le inondazioni, tempeste e siccità.

«Questi numeri sui migranti del clima sono così alti perché non c’è una definizione e quindi si guarda a tutti gli effetti diretti e indiretti del cambiamento climatico e si mette tutto in un unico calderone» commenta Angelica de Vito, consulente climatico presso le Nazioni Unite di New York.

«Molte delle guerre in corso sono per la mancanza di cibo e acqua. In tanti territori africani, le guerre civili ci sono per il possedimento dei pozzi, perché la crisi climatica sta portando a forti siccità».

«Se si riuscisse ad avere una definizione sarebbero più bassi perché avresti categorie più lineari». Allora cosa sappiamo già sui migranti del clima?

Chi sono i migranti del clima?

Quando si parla di migrazione climatica il problema principale è la mancanza di una definizione. Nel diritto internazionale non è presente un focus su questo tipo di categoria. «Ci sono due filoni in merito: il primo guarda ad un’interpretazione estensiva della Carta di Ginevra che dà all’articolo 1 la definizione di rifugiato e fa entrare nei motivi di persecuzione la carestia e la mancanza di acqua, quindi quei motivi che vanno a ledere la vita quotidiana di una persona».

«Il secondo filone va a guardare ad una protezione di tipo umanitario. Ci si lega alla Carta internazionale dei diritti dell’uomo, alla Carta di Nizza, seguendo l’idea di dare accoglienza a queste persone affinché non vedano lesi i loro diritti fondamentali».

migranti del clima

«Le zone del mondo più colpite sono sicuramente localizzate nel Sud-est asiatico dove ci sono fenomeni come alluvioni e maremoti, che stanno diventando sempre più frequenti. La seconda zona è quella caraibica, dove vediamo un’esasperazione dei trend climatici e metereologici».

Attualmente si stimano 24 milioni di rifugiati climatici entro il 2030, «purtroppo alla luce di quanto successo negli ultimi 6 mesi questo dato è destinato ad aumentare non a diminuire, addirittura entro il 2026. Gli scenari non sono dei più rosei».

L’Italia e i migranti del clima

«Per la prima volta anche l’Istat ha preso in considerazione nei suoi report i migranti del clima. Questo fa capire che il tema è sempre più attuale».

Dopo i disastri in Emilia Romagna e quelli in Catania e Casamicciola, l’Italia sta vivendo sulla sua pelle gli effetti del cambiamento climatico.

«Il problema è che quando qualcosa non ti tocca, non te ne preoccupi. Ora in Emilia stanno vivendo i reali problemi della crisi climatica, ma nessuno parla delle vere conseguenze dell’alluvione. Di solito dopo gli alluvioni si verifica il fenomeno delle “acque nere” e spesso nascono nuove malattie. Le migrazioni climatiche sono prima interne e poi esterne: ci sarà forte displacement in Emilia. Siamo nella prima fase critica dell’emigrazione».

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