«Sono cresciuto in un paesino del Mugello che non offre molto. Non ha teatri o cinema, eppure è lì che ho incontrato la musica» dice Francesco Darmanin, clarinettista ventottenne dell’Orchestra dell’Accademia alla Scala e compositore emergente. La sua carriera parte da Sant’Agata, un borgo di 700 abitanti ai piedi dell’appennino tosco-emiliano e tappa della Via degli Dei, che da epoca etrusca collega Firenze a Bologna. Pellegrini ed escursionisti percorrono ogni giorno le due strade che conducono alla pieve romanica, costruita nel 1100 su basamenti di età paleocristiana. Francesco vive in una delle ultime case del paese, a cui si arriva dopo aver costeggiato un imponente palazzo che fu dei Salviati, i nobili fiorentini imparentati con i Medici. Dalla finestra di camera vede distese di prati e boschi: «Una tranquillità quasi eccessiva – dice – perfetta per concentrarsi sullo studio». La musica è entrata nella sua vita per caso: «In seconda media, il professore di educazione musicale mi consigliò di iniziare a suonare il clarinetto. Non sapevo neanche cosa fosse, ma prenotai una lezione. Ricordo ancora quando l’insegnante aprì la custodia: le chiavi sbrilluccicanti, il profumo legnoso…rimasi da subito molto colpito».
Strumento fra i più versatili della famiglia dei fiati, capace di spaziare dalla musica classica al jazz, il clarinetto ha un timbro molto espressivo, sa essere graffiante ma anche dolce: «Ne fui attratto anche perché non lo suonano in molti ed è perfetto per persone curiose come me» continua Francesco. Dopo il diploma al Conservatorio di Firenze, esordisce, neanche sedicenne, da solista al Teatro Verdi. Un battesimo di fuoco: «Dietro le quinte mi sedetti sulle scale per evitare lo svenimento – ricorda – la tensione mi dava la nausea. Una volta sul palco, però, l’ansia fu spazzata via dall’applauso del pubblico».
Dopo aver vinto vari concorsi da solista ed essere entrato nell’Orchestra Giovanile Italiana (OGI), nel 2019 Darmanin è ammesso all’Accademia del Teatro alla Scala. Alle audizioni si presentano cento clarinettisti, ma i posti sono due. Il terrore della notte prima, l’esibizione e infine il messaggio del maestro Meloni, primo clarinetto della Scala: ‘Sei dei nostri, da ora si fa sul serio’. «Sul treno di ritorno, quando diedi la notizia ai miei genitori, mi tremavano le gambe» ammette Francesco, che nei due anni successivi gira il mondo con l’orchestra, suonando anche all’Expo di Dubai del 2021. Il fascino della Scala, però, non si batte: lì si è fatta la storia d’Italia, non solo della musica, il pubblico è attento e partecipe, la qualità è sacra «e anche il badge per entrare, lo tenevo come una reliquia!» aggiunge.
Francesco si esibisce in concerti sinfonici e da camera, conservando dentro di sé la passione per la composizione, che lo accompagna fin da bambino: «Mi è sempre piaciuto giocherellare con i programmi di scrittura musicale per computer, ma per timidezza non avevo mai partecipato a concorsi». La svolta arriva lo scorso giugno, quando vince il Primo Concorso Internazionale di Composizione al Festival dei Cammini, ad Anghiari: «È stata una sorpresa, ho avuto anche la soddisfazione di dirigere il mio brano». Questo lo spinge a partecipare ad altre competizioni, come quella che si svolge a settembre ad Ascoli Piceno, in memoria del compositore Vladimir Mendelssohn. Il livello è altissimo, le musiche sono eseguite dal quartetto Klimt di Fiesole, uno dei più noti gruppi da camera italiani. La vittoria ha un sapore ancora più speciale: il suo brano verrà presentato in dodici festival in giro per il mondo.
Dietro ai successi, la costanza nello studio, prima da autodidatta e poi, nell’ultimo anno, anche all’Accademia di composizione di Pinerolo. Cimentarsi con la scrittura gli insegna a pesare le varie note, a concentrarsi su pochi concetti e svilupparli, perché «la musica – come dice il maestro Antonioni – si scrive con la gomma: il difficile è togliere, non aggiungere». Gli ostacoli lungo il tragitto, in questo mestiere, possono essere molti, ma Francesco è convinto della sua scelta: «Quando si ha una passione forte, il pensiero di abbandonarla non ci sfiora neanche. Non si fa il musicista, si è musicista. Non ci si può reinventare, io sono questo».
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