Nella Grecìa storica, nove sono i paesi del Salento che vogliono diventare un unico grande centro ellenofono. Calimera, Martano, Martignano, Sternatia, Zollino, Corigliano d’Otranto, Castrignano de’ Greci, Soleto e Melpignano sognano di unificare realtà diverse, ma accomunate da una lingua: il grico, probabile reminiscenza di lingue della Magna Grecia.
Il progetto, in un secondo momento, prevederà l’allargamento anche ad altri tre centri, Cutrofiano, Carpignano Salentino e Sogliano Cavour, formalmente fuori da quest’area. La Legge nazionale 482 del 15 dicembre 1999 sulle minoranze linguistiche ha escluso quest’ultimi comuni dalla Grecìa storica. Potrebbe sembrare un episodio marginale, ma assume una valenza importante dal punto di vista culturale.
Da Lecce, capoluogo del Salento, si percorre per 16 km la superstrada SS16 Adriatica, direzione Maglie, fatta costruire dalla famiglia Fitto, originaria del luogo, si esce allo svincolo per Martignano ed ecco Calimera, centro della Grecìa. Il nome già richiama il passato greco: buongiorno è la traduzione in italiano. Resta impressa nella memoria la Chiesa Madre, dedicata a San Brizio, patrono del paese, la cui statua in pietra leccese è posta al centro del portale in stile barocco. Calimera è considerato il centro della Grecìa, un’isola linguistica caratterizzata dal grico. La provincia salentina ha il più alto numero di comuni d’Italia: ben 96. Ogni comune ha un passato diverso dall’altro perché, fino alla metà del Novecento, era difficile che gli abitanti di una cittadina si spostassero in un’altra.
Franco Fanciullo, professore ordinario di Glottologia e Dialettologia all’Università degli Studi di Pisa, nel saggio Fra oriente e occidente, ha dimostrato che nel Salento esistevano comunità latine e greche che convivevano in modo pacifico con una lingua veicolare usata per comunicare. Ha scoperto che i territori ellenofoni erano molto più estesi rispetto ai nove paesi della Grecìa storica: nel Medioevo questa regione toccava entrambi i mari che lambiscono il tacco d’Italia, lo Ionio e l’Adriatico, estendendosi da Gallipoli, chiaro nome di origine greca, fino a Otranto.
Rocco Luigi Nichil, ricercatore presso l’Università del Salento, redattore della collana periodica scientifica “Lid’O. Lingua italiana d’oggi” e collaboratore del “Lessico Etimologico Italiano (LEI)”, afferma che «la teoria di Fanciullo funziona come i cerchi concentrici di Bartoli: l’increspatura dell’acqua è tanto più evidente quanto più si è vicini al punto di caduta della pietra. Nel Salento, l’innovazione linguistica proveniente da Roma con i dialetti romanzi è stata mitigata dalla zona centrale da Gallipoli a Otranto, che ha fatto da “cuscinetto”. Il dialetto salentino si divide in tre zone: settentrionale, centrale e meridionale. Il dittongamento ue, proprio dell’area campana, ad esempio, è attestato nella fascia nord, non in quella meridionale».
La proposta dei nove comuni della Grecìa storica è motivata da diverse spinte: quella culturale, con la riscoperta delle proprie origini, ma anche quelle economiche perché l’unificazione dei paesi ridurrebbe la spesa comunale: si passerebbe da 19 milioni per ogni consiliatura a 5.
Nichil conferma l’importanza del grico nel 2024: «è un patrimonio inestimabile, retaggio della cultura greca costitutiva del Salento. È una delle poche varietà linguistica italiane non di origine romanza, come il franco provenzale a Foggia, e le comunità linguistiche di origine tedesca nel Nord Italia. La legge sulle minoranze linguistiche del 1999 è stata tardiva rispetto alle rivendicazioni degli anni ’60 del secolo scorso, tra le quali si ricordano quelle di Rocco Aprile, storico, romanziere ed ellenista, e di Pier Paolo Pasolini». La tutela delle minoranze è fondamentale perché il processo di omologazione porta alla scomparsa della cultura locale.
«In Francia», continua Nichil «ci sono pochissimi dialetti primari, derivanti dal latino, per la maggior parte si tratta di dialetti secondari, originati dal francese. In Italia ci sono quasi solamente dialetti primari, anche se stanno scomparendo. In Francia, questo fenomeno è avvenuto prima perché c’era un’autorità centrale che, a partire dal XVI secolo, ha imposto un’unica lingua, quella dell’Ille de France».
La conservazione del patrimonio linguistico permette di avere un vocabolario mentale più ricco. Nichil, al momento, sta studiando gli antichi mezzi di locomozione a trazione animale. Il lavoro è molto difficile per il fatto che non si usano più e alcuni termini non sono stati riportati nei dizionari dei rispettivi dialetti. Il Biroccio salentino, ad esempio, era un carro elegante, ma è stato classificato come termine del dialetto toscano, confuso col baroccio. L’unificazione dei nove comuni potrebbe significare, oltre alle contingenze economiche, un tentativo di riscoperta della propria cultura. Anche la perdita di una sola parola significa dimenticare il passato: «Nomina nuda tenemus» (Possediamo solo i nudi nomi), conclude Nichil ricordando il semiologo e scrittore Umberto Eco.