Un palazzone di nove piani in cemento armato lungo quasi un chilometro costeggia via Poggio Verde. L’enorme edificio è diviso in sei lotti, in cui vivono più di quattromila persone. Il quartiere di Corviale, per tutti Serpentone, nella periferia sud-ovest di Roma, è tutto qui. Una signora stende i panni da una finestra del terzo piano, mentre una bandiera della Roma sgualcita sventola al fianco di un climatizzatore bruciato. Sulla strada, i cassonetti stracolmi di immondizia rendono l’aria difficile da respirare.
Lunedì sera, poco dopo le 19:30, è stato ucciso Cristiano Molè, un trentatreenne romano con precedenti per spaccio. Appena sceso dal suv di un amico, l’uomo è stato colpito da una ventina di proiettili sparati da due uomini su una Panda bianca, che è sparita nel nulla. I carabinieri del Nucleo Investigativo di via In Selci, con il Raggruppamento Operativo Speciale (Ros) e l’antimafia, indagano su un regolamento di conti con la criminalità organizzata nell’ambito del traffico di droga.
A cinque giorni dall’omicidio, pochi hanno voglia di parlare. Nel parcheggio di via Ferrari una donna indica la fermata dell’autobus all’incrocio con largo Tabacchi: «L’hanno ucciso lì, era appena uscito di casa. Lo conoscevamo tutti: era un ragazzo che si faceva notare, molto pericoloso». Nato e cresciuto a Corviale, a novembre Molè aveva finito di scontare tre anni di carcere per spaccio e uso di denaro falso. Nel 2014 era stato gambizzato davanti a un bar di via Bravetta da un uomo in scooter. L’ex compagna lo aveva denunciato per maltrattamenti, salvo poi ritirare l’accusa: da sabato l’uomo non indossava più il braccialetto elettronico. Dai corridoi del Serpentone, però, è difficile uscire: «I giovani non hanno una via di fuga, non l’hanno mai avuta in questo quartiere – dice un signore all’ingresso del quarto lotto – La politica ci ha abbandonato. Servono più controlli, non basta ristrutturare la facciata».
Gli interventi di riqualifica del comprensorio di Corviale negli ultimi anni sono stati molti, a partire dal progetto “Kilometro Verde”, che ha verniciato il quarto piano, diventato una sorta di giardino pensile. I residenti attendono ancora l’arrivo dei fondi europei del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), con cui dovrebbero essere costruiti centri di aggregazione e nuovi servizi. Il Municipio XI, guidato dal presidente Gianluca Lanzi, sta investendo, ma la violenza corre più veloce. Davanti al comando dei vigili urbani, una signora con l’ombrello lotta contro pioggia e vento: «Una morte così atroce non si accetta. Non è giusto morire solo per aver commesso uno sbaglio», dice sottovoce prima di allontanarsi. Alle sue spalle, un murale di un serpente sale lungo una scalinata e affiora sulla facciata.
I più anziani raccontano il peggioramento delle condizioni di vita nel quartiere: «Abito qui dal 1982 ed è cambiato quasi tutto – ammette una signora sulla settantina – Un tempo c’era condivisione e voglia di stare insieme, ma dopo la pandemia ci siamo allontanati. Ora accadono cose brutte», afferma, indicando la carcassa di un’auto carbonizzata. Il vento soffia forte nei cunicoli alla base del Serpentone. Un uomo abbandona un materasso in una piazzetta, un luogo nato per unire e che oggi è ormai una discarica. Sono le 19:30, l’orario dell’omicidio. Mamme e bambini affollano i cancelli del campo sportivo del Calciosociale, una Onlus che dal 2009 sfida la criminalità giovanile. Massimo Vallati, il fondatore del progetto, è preoccupato: «Lunedì sera ero in campo per l’allenamento della scuola calcio, la Miracoli Fc. Ho sentito il frastuono e pensavo fossero fuochi d’artificio, qui si fanno spesso. A quell’ora le vie sono piene di famiglie, poteva succedere di tutto».
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