Genitori, docenti e sindacalisti hanno sollevato degli striscioni sotto la sede della Regione Lazio, nel quartiere romano Garbatella in difesa della scuola pubblica: «La destra sociale tradisce le periferie». Il 28 febbraio, un centinaio di manifestanti hanno lanciato un appello per fermare il dimensionamento scolastico, misura che prevede l’accorpamento di trenta istituti della Capitale. Dando voce alle famiglie preoccupate per i tagli all’istruzione, la piazza ha contestato la giunta del presidente della Regione Francesco Rocca.
A guidare la protesta i comitati di quartiere di Cinecittà, Tor Sapienza e delle altre zone dei cinque municipi interessati. Michele, che si occupa del doposcuola del Quarticciolo, ha raccontato che nella sua zona «solo il 40% dei ragazzi che finiscono le medie poi si diplomano. Sono i dati di abbandono scolastico più gravi di tutta Roma». L’insegnante Mariella Mareddu, Rsu (Rappresentanza sindacale unita) dell’istituto comprensivo Emily Dickinson a rischio chiusura, ha raccontato: «I nostri ragazzi meritano l’autonomia e una didattica mirata ai loro bisogni. Togliergli anche quello, in zone dove ci sono solo gli istituti a rappresentare lo Stato e la legalità, significa finire di uccidere le periferie».
La Regione ha ricevuto una delegazione, ma ha ribadito che non vuole tornare sui suoi passi. Il piano di dimensionamento è stato approvato il 4 gennaio scorso e prevede la riduzione di venti istituti comprensivi e autonomi in tutto il Lazio nei prossimi due anni. Inizialmente si prevedeva di tagliarne trentasette, ma il decreto Milleproroghe emanato dal governo di Giorgia Meloni ha limitato le possibilità dell’amministrazione Rocca di riorganizzare la rete scolastica.
Secondo l’assessorato al lavoro, università, scuola, formazione, ricerca e merito, si tratterebbe di un riassetto amministrativo: «Le procedure di dimensionamento salvaguardano l’autonomia delle scuole ubicate delle zone particolarmente isolate e nei territori del cratere sismico del 2016», si legge sul sito della Regione, «e non modificano l’identità storico culturale e territoriale delle istituzioni coinvolte, comportando unicamente lo spostamento delle sedi di dirigenza». Il testo sottolinea che: «La delicatezza del tema trattato ci ha portato a lavorare con determinazione e precisione». L’assessore Giuseppe Schiboni, dopo l’approvazione del piano, ha chiarito che lo scopo è «organizzare un’offerta formativa equilibrata e funzionale ad una efficace azione didattico-educativa, tenendo conto delle soluzioni più adeguate a soddisfare le esigenze del territorio e dell’utenza».
Non è d’accordo la senatrice del Partito Democratico Cecilia D’Elia, che era in piazza con i manifestanti: «In parlamento ci siamo opposti, io avrei evitato i tagli», ha raccontato, «ma almeno si potevano fare riunendo i municipi e le scuole, per capire quali sono le difficoltà dei cittadini». Presente anche il consigliere comunale Nando Bonessio di Alleanza Verdi Sinistra: «Non si può correre in soccorso delle tante Caivano che ci sono in Italia, senza comprendere che il dimensionamento è una faccia della stessa medaglia. Si allontanano i servizi dai territori creando disagio».
La presenza di esponenti di sindacati e partiti di centrosinistra non ha placato le contestazioni: «Non ci vengano a dire che il problema è la destra al governo, è una bugia», ha detto la scrittrice e attivista Eddi Marcucci, «il punto è che in questo paese da decenni si taglia sulla scuola, sulla sanità e sui servizi, su tutto quello che rende la nostra vita migliore».