I due referendum per rendere meno sessista e più inclusiva la società irlandese sono stati bocciati. “Women in the home” era la clausola oggetto della consultazione che si è tenuta nella Repubblica d’Irlanda l’8 marzo, giornata internazionale delle donne. Non esiste la forma separata dalla sostanza: il linguaggio non è solo un insieme di simboli, ma un sistema organico tale per cui ad ogni significante corrisponde un significato che descrive la realtà.
Si chiedeva di abrogare l’articolo 41.2 della Costituzione che sanciva «Con la sua vita domestica, la donna fornisce allo Stato un sostegno senza il quale il bene comune non può essere realizzato» sostituendolo con il seguente testo: «Lo Stato riconosce che le cure prestate dai membri di una famiglia in ragione dei vincoli che esistono tra loro danno alla società un sostegno senza il quale il bene comune non può essere realizzato».
Sia i partiti di governo, Fianna Fáil, Fine Gael e i Verdi, sia quelli all’opposizione come il partito nazionalista Sinn Fèin erano favorevoli, mentre la chiesa Cattolica si era schierata per il “No” in difesa dei valori della vita familiare. Il secondo referendum, invece, riguardava l’ampliamento del concetto di famiglia: non solo le coppie sposate, ma anche quelle che hanno “relazioni durevoli diverse dal matrimonio” avrebbero potuto godere di tutele costituzionali.
La Carta fondamentale, redatta nel 1937 in gaelico e in inglese, è il risultato del sanguinoso percorso di indipendenza di Dublino dal dominio britannico che durava dal XVI secolo: il principale promotore e artefice è stato Éamon de Valera, primo ministro del neonato Stato e Presidente della Repubblica dal 1959 al 1973. È stata definita dal filosofo e senatore a vita Norberto Bobbio e dal giurista Franco Pierandrei “Unico esemplare di costituzione cristiano-sociale” perché emanata nel nome della Trinità cattolica.
A partire dal V secolo, attraverso l’opera di evangelizzazione di Palladio e san Patrizio, patrono d’Irlanda, il Paese ha legato la storia alla fede cristiana. Dopo la riforma anglicana di metà Cinquecento del re inglese Enrico VIII, molti vescovi subirono il martirio e i fedeli furono perseguitati fino all’Act of Emancipation 1829: oggi, i cattolici costituiscono il 78,20% della popolazione.
C’è stato, tuttavia, un processo di secolarizzazione della Chiesa culminato nel 1990 con l’elezione della labourista Mary Robinson a Presidente della Repubblica: cinque anni più tardi è stato eliminato il divieto di divorzio dalla Carta. Primo Paese al mondo ad aver legalizzato i matrimoni tra persone dello stesso sesso nel 2015, l’Irlanda ha abrogato, nel maggio 2018, la legge costituzionale che proibisce l’interruzione di gravidanza, mentre la consultazione referendaria di cinque mesi dopo ha soppresso il reato di blasfemia. Restava un vulnus: la visione retrograda del ruolo della donna.
De Valera giustificava il testo come il modo di assegnare un ruolo alla donna all’interno della società novecentesca, ma l’ha relegata ad “angelo del focolare” della letteratura del XIX secolo, affinché potesse dedicarsi all’amministrazione domestica evitando di lavorare. Alcune organizzazioni femministe si sono opposte invano alla clausola “Women in the home”, provando a boicottare il referendum di approvazione. «Mettere le donne al loro posto e mantenercele», è quanto dice a proposito dell’articolo 41.2 la direttrice del Women’s Education, Resource and Research Centre (WERRC) Ailbhe Smyth.
Un tentativo di superare l’articolo è stato fatto nel 2022 dalla Citizen Assembly on Gender Equality, istituita dal parlamento nel 2019 per dare raccomandazioni sulla parità di genere, ma il governo non ha seguito le indicazioni. Secondo i dati raccolti dalla commissione, nel 2021 ad occuparsi del lavoro di cura a tempo pieno non retribuito il 98% delle volte è una donna: significa che lo Stato, come ha scritto sul Guardian la giornalista Dearbhail McDonald, «non può funzionare senza il contributo economico delle donne».
Le consultazioni referendarie hanno sancito un passo indietro nel cammino irlandese verso il progresso sociale: le irlandesi, in accordo con la Costituzione, continueranno a rimanere “in the home”.