Egoista, individualista, carrierista, sono solo alcuni dei commenti che le donne si sentono rivolgere quando rispondono “no” alla domanda “vuoi avere figli?”, spesso seguita da un “ma dai, cambierai idea”.
Francesca di conversazioni simili ne ha avute tante, da quando è adolescente ha chiara una cosa: non vuole bambini. «A diciotto anni ho deciso di operarmi, ma ho dovuto aspettare di averne ventitré per farlo. Ho faticato molto per trovare un medico che mi prendesse sul serio, mi trattavano con fare paternalistico. Alcuni mi avevano detto che per operarmi avrei dovuto prima sposarmi e avere il consenso del marito».
Nel 2017 si è sottoposta a una salpingectomia bilaterale, la rimozione totale delle tube di falloppio, un’operazione che le consente di non rimanere incinta durante i rapporti sessuali. «Ho riflettuto molto sulla decisione che ho preso e non la rimpiango, sono sicura». Non è una scelta irreversibile perché se in futuro dovesse cambiare idea potrebbe ricorrere ad altri metodi come la fecondazione in vitro o l’adozione, ma il terrore di rimanere incinta e trovarsi intrappolata in quella situazione l’ha portata a compiere una scelta radicale.
Quando ha deciso di sottoporsi all’intervento ha avuto il sostegno di tutti i suoi cari, nessuno l’ha giudicata. Poi ha raccontato la sua storia al Gazzettino di Padova, e lì sono cominciati gli insulti: «La libertà dà fastidio, quando storie come la mia vengono diffuse il rischio di uno schieramento polarizzante è dietro l’angolo. Io penso che una donna possa essere tantissime cose però per tante persone c’è solo l’idea del figlio e della maternità».
La decisione di Francesca non è dettata da motivazioni etiche o morali, come l’econsia o il sovrappolamento, per questo non la sente come rivendicazione identitaria o battaglia politica e biasima alcuni attivisti dei gruppi childfree:«Li sento troppo aggressivi, a volte fanno passare un messaggio sbagliato, ovvero che i figli siano solo sacrificio e rinunce, quando sono anche molto altro. Bisogna fare ciò che si sente».
Non sono soltanto le donne senza figli a essere oggetto di critiche, ma anche le madri. Secondo i dati emersi da un’inchiesta di Save The Children del 2022, le mamme italiane sono “equilibriste”, si barcamenano tra lavoro e faccende domestiche, e non hanno tempo da dedicare alla vita di coppia o alla coltivazione di interessi personali.
Eve ha un figlio di diciotto anni, e lo ha molto desiderato. «Mi sono preparata con cura al suo arrivo, ho letto tanti libri, ho frequentato corsi di yoga pre-parto, ero molto attaccata all’idea della maternità naturale. Chi propone questo approccio suggerisce di ricorrere al parto evitando l’epidurale e il cesareo». Poi è nato il suo bambino. «Dopo il primo periodo di allattamento mi sono resa conto che mi dava fastidio averlo addosso per tutto quel tempo, non amo il contatto fisico, mi fa sentire a disagio. Ho sofferto di depressione post partum».
Non è la sola, secondo i dati pubblicati sul sito del Ministero della Salute nel 2023 circa il 10% delle puerpere ne è vittima, mentre il 70%-80% sperimenta il cosiddetto baby blues, ovvero giorni di instabilità emotiva che seguono il momento del parto. La narrazione stereotipica della maternità vuole che il periodo della gravidanza sia il più felice nella vita di una donna. Quando in realtà gli squilibri ormonali e l’ansia incidono negativamente sulla loro salute mentale.
Eve racconta di essersi sentita a lungo una madre inadeguata e ha pensato che il ruolo di genitore non fosse adatto a lei. «Nel 2016, sono capitata in alcuni gruppi Facebook di madri che come me erano attaccate avevano prediletto un approccio “naturale”, quindi tenevano i figli nel lettone, usavano la fascia e non il passeggino per portarli in giro. Chi suggerisce di adottare questo approccio pensa che così facendo il bambino non avrà problemi durante la crescita perché è stato seguito con attenzione. Ma non è vero, è tutto imprevedibile». E aggiunge: «Ho visto che tutte le madri che seguivano con rigore quel metodo erano infelici, si sfogavano, erano frustrate perché l’esempio di genitorialità che inseguivano sembrava loro irraggiungibile. In quel momento ho capito che non ero sola, e soprattutto che non ero io a essere inadeguata, era il modello a cui aspiravo a non essere replicabile alla perfezione».
A quel punto, Eve ha scoperto un mondo nuovo, ha cominciato a leggere manuali che sfatavano il mito della genitorialità perfetta e si è sentita a posto con sé stessa. Ha quindi cominciato a fare divulgazione su Instagram per condividere con altre persone quanto aveva scoperto. «Purtroppo quel mondo è pieno di narrazioni tossiche, si tende ancora a diffondere un’idea di maternità che nuoce a tutte noi. L’idea del sacrificio continua a essere sovrarappresentata, quando una donna diventa madre sembra debba rinunciare a tutto. Non è così», conclude Eve.
Sia Francesca sia Eve hanno deciso di affermare la loro libertà inseguendo un desiderio diverso, ma che ha pari grado di intensità. Entrambe concordano con Natalia Aspesi che durante un’intervista ha ricordato che “la missione delle donne non è fare figli, ma vivere”.