Esclusiva

Maggio 4 2024
Challengers, una vita in campo

Nelle sale italiane dal 24 aprile, il nuovo film diretto da Luca Guadagnino e scritto da Justin Kuritzkes mescola sport e sensualità

«Il tennis è una relazione». Così Tashi Duncan, giovane tennista interpretata da Zendaya, cerca di spiegare ad Art (Mike Faist) e Patrick (Josh O’Connor) la vera essenza di questo sport.

I due ragazzi sono amici dall’infanzia e condividono la stessa passione, fin dalla vittoria nel 2006 del torneo di doppio juniores allo Us Open. Ad unirli e poi a dividerli sarà un altro interesse: Tashi, vincitrice nella stessa edizione dello Slam americano. Incontrata ad una festa, attira i desideri di entrambi, resi concreti poco dopo in un intenso bacio a tre in una stanza d’hotel. L’attrazione tra i loro corpi muoverà i personaggi durante tutto l’arco della vita. La trama si snoda in vari piani temporali, in un intreccio tra passato e presente, separati da più di dieci anni di distanza.

Dall’adolescenza all’età adulta, l’unica variabile a non cambiare mai è Tashi, il vertice perfetto in questo triangolo che sa poco di amore puro, ma tanto di sensualità. Lei si posiziona come vera regista della pellicola, spostando e rompendo gli equilibri, muove le fila della storia. Dopo un breve fidanzamento con Patrick, spavaldo e sicuro di sé, finirà per sposare Art, più insicuro ed introverso, con cui avrà anche una figlia, Lily. Prima di essere una moglie è un’allenatrice e una manager: dopo un infortunio e lo stop forzato, non può che vivere attraverso il marito il tennis che non può più praticare. La connessione con Patrick, però, non si interromperà mai: è uno spettro in carne ed ossa che continua ad aggirarsi nella vita della coppia con il consenso di Tashi, ancora legata a lui da un amore-odio.

L’estetica un po’ vintage di Luca Guadagnino rallenta e dilata il tempo, insieme alle riprese strette sui primi piani dei protagonisti: l’elemento cardine è lo sguardo, a volte di sfida, altre di brama. Il passaggio alle inquadrature soggettive, come se si osservasse la scena da una telecamera GoPro puntata sulla fronte dei giocatori, disorienta lo spettatore, ma allo stesso tempo lo immerge nel dinamismo del match. I momenti di attesa, accompagnati sempre da una nota musicale di sottofondo, sono spezzati dai colpi della pallina che dettano il ritmo della narrazione, talvolta accelerandola. È un costante testa a testa tra i due sfidanti, che devono dimostrare di essere validi tennisti e degni amanti.  

La grinta di Zendaya ricorda un po’ quella di Serena Williams: lo stesso sceneggiatore Justin Kuritzkes ha dichiarato che, nonostante non si sia ispirato a giocatori reali, l’idea è arrivata dopo aver visto la finale degli US Open del 2018 tra lei e la giapponese Naomi Ōsaka. E sarà proprio questa partita a far rincontrare e scontrare Art e Patrick, sotto gli occhi attenti di Tashi che, seduta tra gli spalti, indirizza lo sguardo da una parte all’altra del campo. La tensione agonistica viene così catturata dalla macchina da presa per esprimere un concetto più ampio: lo sport è la metafora dell’esistenza e lì si gioca tutto, amore e carriera.

Challengers ha una chiusura circolare, ma l’epilogo rimane aperto: il film si interrompe sul primo punto del tie-break, quando Art, in uno slancio di troppo durante uno smash, supera la rete, invadendo lo spazio avversario. L’ultimo frame ci mostra l’abbraccio tra due amici, allontanati dai conflitti sentimentali, ma riuniti dalla competizione. Non sappiamo chi vincerà, ma forse è proprio questo il bello.