Quasi un miliardo di cittadini pronti a mettersi in fila alle urne. In India si stanno svolgendo le più grandi elezioni democratiche della storia, per assegnare i 543 seggi dello Lok Sabha, la Camera bassa del Parlamento, dove la maggioranza formerà il nuovo governo. Il 19 aprile è la prima delle sette date previste per le votazioni, che andranno avanti fino a giugno. Il primo ministro Narendra Modi, in carica dal 2014, punta al terzo mandato. Una vittoria scontata per il leader più popolare al mondo, secondo il Global approval rating tracker, che in un decennio ha piegato le istituzioni verso l’autocrazia.
Il suo Bharatiya Janata Party (Bjp) dei nazionalisti hindu corre contro l’Indian National Development Inclusive Alliance, coalizione di ventisei formazioni politiche trainate dal National Congress. Nello storico partito della decolonizzazione, che ha governato il Paese dall’indipendenza del 1947 fino all’ascesa del Bjp, è Rahul Gandhi a raccogliere l’eredità della dinastia Gandhi-Nehru. Con due grandi marce da sud a nord e da est a ovest, “ha seguito la tradizione familiare andando direttamente dalle persone, invece di farsi vedere solo sui social media”, afferma il corrispondente di Repubblica Carlo Pizzati.
Lo sforzo non sembra sufficiente, in un clima di repressione del dissenso. Il 21 marzo, il capo ministro dello stato di Delhi Arvind Kejriwal viene arrestato per riciclaggio di denaro. Il fondatore dell’Aam Aadmi Party (Aap) resta in corsa dal carcere di Tihar, con un programma anticorruzione. “È un’infamia che gli hanno buttato addosso alla vigilia delle elezioni, ma sono accuse politicamente motivate”, spiega il giornalista Raimondo Bultrini, esperto di Asia oggi in pensione, “il governo vuole far capire quanto può schiacciare gli avversari in qualsiasi momento”.
Nel primo mese di galera, le condizioni di salute di Kejriwal, che soffre di diabete, preoccupano i suoi sostenitori. L’Aap accusa le autorità di negargli le cure mediche, mentre l’Enforcement Directorate, agenzia statale contro i crimini finanziari, sostiene che il detenuto mangi troppo mango e dolci per aumentare i livelli di zucchero nel sangue, cercando un pretesto per ottenere la scarcerazione tramite cauzione. Il politico ottiene l’insulina, farmaco per regolare la glicemia, solo il 22 aprile.
Il successo del Bjp preoccupa Raghu Rai, artista nominato fotografo dell’anno negli Stati Uniti nel 1992: “Era indignato”, racconta Bultrini, che lo ha incontrato durante l’ultimo viaggio in India, “dal modo in cui questi goona, balordi, così li chiamava, stanno prendendo il potere”. Non solo gli intellettuali, anche le minoranze temono la rielezione di Modi. A gennaio il primo ministro ha inaugurato il tempio induista di Ayodhya, nello Stato dell’Uttar Pradesh. In quel punto sorgeva la moschea Babri Masjid, distrutta dagli estremisti hindu negli anni novanta, episodio seguito da scontri etnici in tutto il paese che portarono a duemila morti, soprattutto musulmani. Il leader nazionalista era capo ministro del Gujarat nel 2002, quando scoppiarono tre giorni di violenze contro la popolazione di fede islamica. Non fece nulla per fermare il massacro.
Oltre alle minoranze, il governo non rispetta l’indipendenza dei media. Secondo il Word Press Freedom Index stilato da Reporters Without Borders, l’India è al 161° posto su 180 Paesi considerati dall’analisi sulla libertà di stampa del 2023. Dal 2021, ha perso diciannove posizioni in classifica. Sui social media gli utenti forzano il controllo dell’informazione, con strategie che rischiano di confondere gli elettori. Su X e Facebook, diventano virali dei video in cui Aamir Khan e Ranveer Singh, star del cinema nazionale di Bollywood, sostengono che Modi non ha rispettato le promesse economiche delle passate campagne politiche. Presto gli attori smentiscono: sono deepfake, contenuti creati da intelligenza artificiale generativa, che si chiudono con lo slogan “Vota per la giustizia, vota per il Congress”. In pochi giorni, ricevono mezzo milione di visualizzazioni.
C’è chi non sembra toccato dagli scontri tra maggioranza e opposizione. “Ero nel seggio elettorale di un villaggio di pescatori, nello Stato di Tamil Nadu, e ho visto grande serenità – racconta Pizzati – c’è un forte orgoglio democratico e la partecipazione è alta, in questo distretto il 76% degli aventi diritto sono andati a votare”. La compravendita delle schede non è affatto eccezionale. “Non bisogna sorprendersi che le persone vengano pagate per partecipare ai comizi – prosegue – gli elettori ricevono fino a un migliaio di rupie per votare uno o l’altro partito”. La corruzione si trasforma in assistenzialismo: “Degli studi di mercato dimostrano che l’acquisto di beni di consumo aumenta durante il periodo elettorale”, conclude il giornalista.
Anche con questi incentivi, alcuni indiani non potranno raggiungere i seggi. Il 26 aprile, un uomo sviene subito dopo aver inserito la scheda. La corsa in ambulanza all’ospedale più vicino, nella città di Ottapalam, non basta a salvare la vita del sessantottenne. Nella regione di Kerala, muoiono altre tre persone. Sono vittime del caldo, con temperature che superano i 38 gradi. La commissione elettorale indiana ha provato a prevenire il problema, autorizzando gli elettori disabili e gli anziani over 85 a votare da casa. In tutto il Paese ci sono oltre un milione di cabine elettorali, con l’obiettivo ambizioso di mettere un seggio a meno di due chilometri dall’abitazione di ogni cittadino, ma il clima rischia di limitare l’affluenza. Questione dura da risolvere quando il 10% della popolazione mondiale, quasi un miliardo di persone, aspetta il proprio turno per andare alle urne.
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