Esclusiva

Maggio 10 2024
Sostenibilità mestruale, l’impatto ambientale degli assorbenti

L’associazione Selene parla delle conseguenze che i dispositivi igienici assorbenti hanno sulla natura e illustrano le alternative eco-friendly

Gli assorbenti, come molti altri prodotti monouso, possono avere un impatto significativo sull’ambiente: sono costituiti dal 90% da plastica e impiegano circa 500 anni per disintegrarsi. Secondo uno studio pubblicato nel 2013 da Fater, un’importante azienda del settore che comprende marchi come Lines e Pampers, il 3% dei rifiuti totali in Italia è attribuibile a prodotti assorbenti per la cura della persona. Questo dato equivale a circa 900 mila tonnellate all’anno su un totale di rifiuti non recuperabili pari a 32 milioni di tonnellate. «Considerando che nel mondo ci sono più di 3 miliardi di persone mestruanti, l’influenza che questi dispositivi hanno sull’ambiente non è trascurabile». Così l’Associazione Selene, composta da ostetriche libere professioniste, espone la propria preoccupazione sulla questione.

Considerando anche l’utilizzo di energia e l’inquinamento dato dal processo di produzione e distribuzione, questi strumenti giocano un ruolo non indifferente sulla salute del pianeta. Nel 2018, la Commissione Europea ha eliminato gli assorbenti dalla lista di prodotti inquinanti usa e getta per mancanza di alternative diffuse per le donne. In realtà, però, esistono dispositivi alternativi come quelli lavabili, che in quanto oggetti riutilizzabili, sono anche economicamente convenienti. «La coppetta mestruale è sicuramente lo strumento più facile da gestire dal momento che durante la mestruazione si può svuotare e reinserire in maniera piuttosto rapida», ma è ancora scarsamente utilizzata per diversi motivi, quali difficoltà pratiche o condizioni igienico-sanitarie non sufficienti: «Utilizzare una coppetta in modo sicuro in ambienti dove non esiste acqua corrente. Gli assorbenti lavabili potrebbero comunque rappresentare una valida alternativa e in molti paesi vengono già utilizzati».  

Tra le preoccupazioni sull’utilizzo di strumenti alternativi c’è quella riguardante l’età anagrafica e le condizioni anatomiche e fisiche delle donne negli anni in cui arriva il primo ciclo mestruale, ma le ostetriche dell’Associazione Selene ci tengono a sottolineare che non c’è un’età specifica in cui è possibile iniziare: «Si può partire da subito. Esistono davvero tantissimi tipi di coppetta, di diverse consistenze e dimensioni. Per chi è più giovane si possono utilizzare quelle più piccole in base alle necessità». 

A novembre 2018, il Global Sustainability Institute di Cambridge ha prodotto uno studio sulla percezione della sostenibilità dei prodotti per il ciclo mestruale. Dai risultati emersi su un campione di 300 persone, di cui 289 donne, risulta che il 43,3% di esse è “ben consapevole” della questione. Al contempo, è stata condotta una ricerca della Boston University School of Medicine basata su dati provenienti dal Nurses’ Health Study, un ampio database avviato nel 1989 per studiare i fattori di rischio legati a diverse malattie croniche femminili. Sono stati analizzati i dati di oltre 34.800 pazienti, confrontando informazioni sul loro benessere generale e la località di residenza con i livelli di esposizione al pulviscolo atmosferico. I risultati hanno fornito importanti informazioni sull’impatto dell’inquinamento sulla fertilità e sulla salute riproduttiva delle donne. Secondo lo studio, infatti, ogni incremento di 45 microgrammi per metro cubo di particolato atmosferico è associato a un aumento dell’8% nel rischio di cicli irregolari nelle teenager.

È importante notare che in Italia il limite di particolato è fissato a 50 microgrammi per metro cubo, ma spesso questo limite viene superato, come ad ottobre 2017, quando nella Pianura Padana i livelli hanno raggiunto quasi 350 microgrammi per metro cubo, superando di molto la soglia di sicurezza. 

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