Il #MeToo, in francese #MoiAussi, si fa sentire a Cannes. Alla 77ª edizione del Festival c’è stata tensione per la presenza di una “lista” nelle mani del sito d’inchiesta Mediapart con i nomi di presunti autori di violenze sessuali. Thierry Frémaux, delegato generale del festival, ha espresso il desiderio di un evento concentrato sul cinema, lontano dalle polemiche che avevano caratterizzato la scorsa edizione.
Jennifer Guerra giornalista e scrittrice che si occupa di tematiche femministe commenta la vicenda legata alla kermesse francese: «I luoghi della cultura sono politici e non si può pensare a un cinema distaccato dalla realtà. Questa affermazione del delegato mi fa pensare ad una che ho sentito al Salone del Libro quest’anno “che bello che quest’anno si parla solo di libri e non di polemiche”. Contestare una ministra o denunciare la violenza di genere come fa il #MeToo non sono “polemiche” ma atti politici».
Il giorno dell’inaugurazione del festival, una petizione firmata da un centinaio di personalità dello spettacolo e pubblicata su Le Monde ha richiamato l’attenzione sulla necessità di una legge globale contro la violenza sessuale. Tra i firmatari figurano le attrici francesi Isabelle Adjani, Emmanuelle Béart, Juliette Binoche, Leila Slimani e Christine Angot.
La petizione, promossa dalla Fondazione delle Donne e #MeToomedia critica il tasso di rigetto delle denunce per violenza sessuale, che nel 2022 ha raggiunto il 94%, e contesta l’iniziativa del presidente Emmanuel Macron di aggiungere semplicemente la parola “consenso” alla legge senza una revisione completa. La richiesta della Fondazione è una legge organica che chiarisca le definizioni di stupro e consenso, faciliti la raccolta delle prove e proibisca le indagini sul passato sessuale delle vittime.
In Italia, situazioni e denunce simili sono meno frequenti. Jennifer Guerra commenta la situazione nel nostro Paese: «Non credo che il #MeToo in Italia sia paragonabile a ciò che è successo negli USA e in Francia. È stato raccontato e interpretato male, scontrandosi con una classe di giornalisti impreparata. Questo ha condizionato anche le attrici, che non si sono esposte per la mancanza di una rete di solidarietà».
Al Festival del Cinema di Venezia, nel settembre 2023, alcuni movimenti femministi avevano protestato sul red carpet in topless contro Roman Polanski, Woody Allen e Luc Besson, accusati di violenza di genere. «Io penso che tutte le proteste abbiano senso, anche quelle apparentemente “inutili” o che non portano risultati immediati», spiega Guerra. «Quello che però cambierebbe davvero le cose è la presa di posizione delle persone che lavorano nel settore, come ha fatto Adèle Haenel ai César del 2020 contro Polanski. Purtroppo, il fatto che poi si sia ritirata dal cinema la dice lunga sul supporto che ha ricevuto».
Il Festival di Cannes 2024 si conferma un’importante piattaforma per il movimento #MeToo, sottolineando la necessità di un cambiamento sistemico nella lotta contro la violenza sessuale e le disuguaglianze di genere. Il cortometraggio “Moi Aussi” di Judith Godrèche, presentato nella sezione “Un Certain Regard”, che ha affrontato il tema degli abusi sessuali nel cinema francese. O di Juliette Binoche che ha recentemente parlato delle pressioni subite per girare scene di nudo all’inizio della sua carriera.
Ma qual è l’eredità più importante che il #MeToo ha lasciato a donne e uomini? «Il lessico, soprattutto», risponde Jennifer Guerra. «Il #MeToo ci ha fornito molte parole per descrivere la violenza che prima non conoscevamo, a partire dall’idea di molestia sessuale. Ma ho l’impressione che questo lessico sia stato più utile alle donne che agli uomini. Bisogna responsabilizzare a riconoscere il consenso, non a esprimerlo».
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