Esclusiva

Marzo 16 2025
La guerra dei dazi, Trump sfida Canada e Unione europea

In un contesto geopolitico ed economico instabile, l’inquilino della Casa Bianca ha promesso che i dazi aiuteranno a creare posti di lavoro nelle fabbriche del suo Paese

«Attualmente non siamo in una ma in più guerre commerciali», sostiene Moreno Bertoldi, Senior Associate Research Fellow dell’Ispi (Istituto per lo studio della politica internazionale). Il 12 marzo il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha reintrodotto le tariffe su acciaio e alluminio al 25%, a cui l’Unione europea e il Canada hanno reagito con misure di ritorsione. Il tycoon aveva minacciato di salire al 50%, per poi ripensarci dopo che il premier dell’Ontario Doug Ford ha ritirato la tariffa del 25% sulle esportazioni di elettricità verso Minnesota, Michigan e lo Stato di New York. Come se non bastasse, il segretario al commercio degli Stati Uniti Larry Lutwick ha preannunciato che Trump applicherà le tariffe anche sul rame.

In politica commerciale ed estera si parla sempre più spesso di dazi, ovvero tasse applicate su un bene importato, che in genere ricadono sul consumatore finale.

Per il professore, Trump ha aperto «troppe guerre commerciali nello stesso momento», confermando come sin dal primo mandato (2017-2021) abbia ritenuto i dazi un elemento positivo. “The Donald” pensa che il settore manifatturiero statunitense sia stato colpito ingiustamente dalla concorrenza straniera, e quindi crede che con le tariffe la produzione nazionale rinascerà. In un contesto geopolitico ed economico instabile, l’inquilino della Casa Bianca ha promesso che i dazi aiuteranno a creare posti di lavoro nelle fabbriche statunitensi.

In risposta, Ottawa ha fatto scattare dal 13 marzo tariffe del 25% su beni americani per un valore di 29,8 miliardi di dollari canadesi. Accanto ai dazi, Trump non ha nascosto la volontà di annettere il Canada, facendolo diventare il cinquantunesimo Stato degli Stati Uniti, un’intenzione che non era emersa durante la campagna elettorale e data anche «dal risentimento personale nei confronti dell’ormai ex primo ministro canadese Justin Trudeau», appena sostituito da Mark Carney, esponente del partito liberale ed ex governatore della Banca centrale inglese.

Tra le vittime delle tariffe c’è anche l’Unione europea, accusata da Trump di aver maltrattato il suo Paese, anche se la realtà rivela una verità diversa a seconda dell’angolazione attraverso cui la si osserva: «Trump ha questa convinzione sbagliata ma che riflette il modo in cui percepisce il commercio internazionale. Se oltre alla bilancia commerciale avesse guardato quella dei beni, dei servizi e dei trasferimenti di reddito, si accorgerebbe che nel 2024 la bilancia di pagamenti tra Europa e Stati Uniti è stata equilibrata». Bruxelles ha annunciato contromisure «forti ma proporzionate», in particolare sui beni prodotti negli Stati guidati da governatori repubblicani: «Mentre gli Stati Uniti stanno applicando tariffe per un valore di 28 miliardi di dollari, stiamo rispondendo con contromisure per un valore di 26 miliardi di euro», ha affermato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. 

Il caos creato con la ristrutturazione del governo federale, e l’incertezza generata dai dazi – annunciati, poi ridotti, annullati o sospesi – stanno determinando secondo l’esperto un forte rallentamento: «Nel 2024 l’economia statunitense è cresciuta del 2,8%, ovvero in modo solido e più dell’Europa, l’inflazione stava diminuendo e le previsioni di crescita erano del 2/2,5% per quest’anno. Però se le cose continueranno così potrebbe anche avere difficoltà a crescere più dell’1,5%», dice Bertoldi rimarcando che è troppo presto per capire se tutto ciò si tradurrà in una recessione.