Da anni Elon Musk racconta il suo sogno di colonizzare Marte. Intervista dopo intervista, post dopo post, ha delineato un disegno che suonava come fantascienza e che oggi sembra sempre meno irrealizzabile: rendere l’umanità una specie multiplanetaria, costruendo una colonia permanente su Marte. Per farlo, il multimiliardario ceo di Tesla non si affida solo ai contratti governativi né si limita all’entusiasmo della comunità scientifica, ma ha deciso pure di costruire la propria infrastruttura economica, tecnologica e logistica per finanziare la conquista del Pianeta Rosso. Ed è proprio in questo contesto che si inserisce Starlink, la costellazione di satelliti messa in orbita da SpaceX per fornire internet ad alta velocità in ogni angolo del globo.
Dal 2019, anno della sua nascita, Starlink ambisce a un obiettivo che appare piuttosto terrestre e “sociale”: offrire connessione veloce e stabile in zone rurali o poco servite, saltando le reti fisiche e garantendo accesso tramite un kit composto da una parabola e un router. In pochi anni il progetto ha superato ogni aspettativa: ad oggi, SpaceX ha lanciato oltre 5.000 satelliti, con l’intenzione di arrivare a oltre 40.000 nei prossimi anni. I servizi Starlink sono attivi in più di settanta paesi e contano milioni di utenti. Nel solo 2023, stando al sito “Spaceconomy360”, il fatturato stimato è stato di 4,2 miliardi di dollari ed è raddoppiato nel 2024 con proiezioni che parlano di un ulteriore aumento a 11,8 miliardi entro il 2025. Cifre, queste, che rappresentano un’anomalia: Starlink si conferma un’azienda capace di autosostenersi in un settore, quello dell’aerospazio, in cui i fondi pubblici rappresentano ancora la principale fonte di reddito.
Il carburante economico per la corsa a Marte
La strategia di Musk, dunque, è chiara. Mentre SpaceX continua a firmare contratti con la NASA e il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, Starlink rappresenta la possibilità concreta di affrancarsi dalla dipendenza governativa. I ricavi generati dalla rete satellitare vengono infatti reinvestiti nello sviluppo della Starship, il gigantesco vettore riutilizzabile che costituisce la spina dorsale del programma marziano di SpaceX. In altre parole, ogni abbonamento a Starlink non finanzia soltanto il miglioramento dell’accesso a internet nei territori più isolati del mondo, ma contribuisce a realizzare una visione che proietta la civiltà umana oltre la Terra. È una forma di autofinanziamento paragonabile al modo in cui Amazon ha costruito il suo impero partendo dai libri, per poi investire nei data center di Amazon Web Services. Solo che, in questo caso, l’obiettivo finale non è dominare il cloud, ma colonizzare un pianeta.
Questa dinamica di investimento, che lega l’infrastruttura digitale al progetto spaziale, si muove su due livelli. Da una parte, c’è il vantaggio immediato: l’enorme quantità di dati, banda larga e connettività globale che Starlink offre lo rende un prodotto appetibile per utenti civili, aziende e governi. In Ucraina, ad esempio, la rete satellitare di Musk è diventata una risorsa strategica durante l’invasione russa, garantendo comunicazioni anche in zone dove le infrastrutture erano state danneggiate. Dall’altra parte, Starlink costituisce una sorta di prototipo per quello che potrebbe essere il sistema di comunicazione delle future missioni spaziali: una rete in grado di connettere colonie, basi, sonde e veicoli anche al di fuori della Terra. È un internet prefigurato per diventare interplanetario, una dorsale che potrà un giorno trasmettere dati tra la Terra e Marte.
Ecco i paesi dove Starlink è disponibile
Fonte: World Population Review
I concorrenti
Tuttavia, il predominio di Starlink non è né assoluto né incontestato. La corsa alla connettività spaziale ha acceso l’interesse di altri attori globali. Amazon, con Project Kuiper, ha avviato lo sviluppo di una costellazione rivale che dovrebbe contare oltre 3.200 satelliti e fare leva sull’integrazione con il proprio ecosistema cloud. Jeff Bezos, con la sua Blue Origin, segue un percorso parallelo a quello di Musk, con una visione altrettanto espansiva ma una tempistica meno aggressiva. OneWeb, sostenuta da Eutelsat e dal governo britannico, ha invece adottato un approccio più istituzionale, con un focus sul mercato B2B e sulle collaborazioni con l’India. Anche la Cina ha annunciato una propria mega-costellazione, denominata Guowang, destinata a sfidare apertamente il predominio occidentale nello spazio, in un contesto in cui la connettività diventa anche una questione geopolitica. L’Unione Europea, dal canto suo, ha lanciato il programma IRIS² per dotarsi di una costellazione pubblica, autonoma e sicura, che garantisca sovranità digitale e resilienza infrastrutturale.
C’è poi ViaSat, che offre servizi a banda larga via satellite principalmente negli Stati Uniti. Si occupa di gestire una flotta di satelliti geostazionari ad alta capacità ed è nota per la sua esperienza nella fornitura di banda larga ad aeroplani e applicazioni militari. Va citata anche Hughes Net, una filiale di EchoStar Corporation, che è uno dei maggiori fornitori di servizi Internet via satellite. Opera principalmente in Nord America e ha un’ampia base di clienti, compresi utenti residenziali e aziendali. E ancora la canadese Telesat, la britannica Inmarsat e Iridio, società globale di comunicazioni satellitari che gestisce satelliti in orbita terrestre bassa. Insomma, i concorrenti non mancano.
Ma in questo scenario, Starlink è al tempo stesso il pioniere e il benchmark. Nessun’altra costellazione è oggi così estesa, operativa e radicata sul mercato. Ma soprattutto, nessun altro progetto combina in modo così diretto l’infrastruttura digitale con l’espansione extraterrestre. L’obiettivo di Musk non è infatti solo commerciale, ma punta a una trasformazione che possa lasciare un’impronta indelebile sull’umanità tutta. Starlink non è il fine, ma il mezzo. È l’anello mancante tra una startup nata per ridurre il costo dei lanci spaziali e il futuro immaginato dal patron di Tesla – si parla di secoli qui, non di anni o trimestri – in cui milioni di persone vivranno, lavoreranno e comunicheranno su un altro pianeta.
Ed è proprio il tempo il fattore che renderebbe questo piano credibile e non una semplice, quasi folle, ambizione da multimiliardari. Musk non gioca sulla breve distanza. I satelliti che oggi forniscono internet agli agricoltori del Wyoming o ai pescatori delle Filippine sono gli stessi che, domani, potrebbero permettere ai primi coloni marziani di inviare un messaggio alla Terra. In questa logica, ogni passo compiuto da Starlink – ogni lancio, ogni abbonamento, ogni base di terra costruita – è anche un passo verso il Pianeta Rosso.
I clienti
Per Starlink non è sempre semplice arrivare alla firma di contratti governativi. In Italia, ad esempio, l’approvazione alla Camera del “ddl Spazio” (133 sì, 89 no, 2 astenuti) ha suscitato un acceso dibattito attorno all’articolo 25: la norma istituisce una riserva di capacità trasmissiva nazionale – un sistema di comunicazioni per calamità, conflitti e altre emergenze – aprendo le porte anche agli operatori privati stranieri. In risposta alle critiche delle opposizioni, il governo ha inserito nel testo un richiamo esplicito alla «sicurezza nazionale» e al «ritorno industriale» per il Paese, modifica che ha scatenato l’ira di Andrea Stroppa, referente di Musk in Italia. Grazie al successo commerciale dell’azienda, però, le commesse governative stanno diventando sempre meno essenziali, nonostante restino uno dei principali segmenti di clientela per Starlink. Ma non l’unico, appunto.
Già, perché il servizio è molto richiesto da consumatori nelle aree rurali e svantaggiate. Con loro anche aziende e imprese che necessitano di una connettività Internet veloce e stabile, in particolare in località remote o difficili. Settori come l’agricoltura, l’estrazione mineraria, il petrolio, il gas e l’edilizia spesso operano in aree con infrastrutture limitate, rendendo l’accesso affidabile a Internet fondamentale per le loro operazioni. I servizi Internet via satellite di Starlink offrono una soluzione praticabile affinché queste aziende possano rimanere in contatto e condurre le proprie operazioni in modo efficace. Ma Starlink è molto utile anche per applicazioni mobili e marittime: dai mezzi di trasporto via terra alle navi commerciali, consente comunicazioni e connettività senza soluzione di continuità. Senza contare come durante le emergenze, i disastri naturali o le crisi umanitarie, sia ormai diventato vitale per il coordinamento, la comunicazione e l’accesso alle informazioni critiche.