«Sono andato l’ultima volta nel ‘75, dovevo andare anche nel ’76 ma c’è stato il colpo di Stato in Argentina. Mi piace il mare, mi piace tanto», così rispondeva Papa Francesco durante una delle sue ultime interviste.
Ora sua Santità, dopo aver fatto una chiacchierata con San Pietro, potrà tornare lì dove abisso blu e infinito azzurro si incontrano. Nel luogo dove profondità spirituale e corpi nudi si mescolano. Lo potrà fare senza talare, solo da Jorge Mario Bergoglio. Privo di quell’abito bianco che nel suo decennio da vicario di Cristo ha sempre cercato di spogliare da ciò che era accessorio. Bandite le tradizionali scarpe rosse e dell’anello del pescatore, da sempre in oro. Di questo preferì una versione argento. Lo stesso per quanto riguarda la croce pettorale, durante il papato ha continuato a utilizzare la stessa di quando era cardinale.
Che l’argentino sarebbe stato diverso dai suoi predecessori si è capito la sera del 13 marzo 2013. Piazza San Pietro è gremita. Il quinto scrutinio avvenuto nella Cappella Sistina si è rivelato essere quello della fumata bianca. Il cardinale Jean-Louis Tauran è l’incaricato dell’annuncio. «Annuntio vobis gaudium magnum: Habemus Papam […] Franciscum», è la formula pronunciata alle ore 19:06 che permette al mondo di incontrare per la prima volta il suo nuovo pontefice.
Rivoluzionario nella forma e nella sostanza dai primi minuti. Nella forma perché si affaccia dalla Loggia delle Benedizioni solo vestito di bianco senza la mozzetta rossa, la mantellina chiusa sul petto da bottoni indossata da tutti i suoi predecessori. Lo stesso per le prime parole, anche queste inusuali, che pronuncia: «Fratelli e sorelle, buonasera», con sorriso sul volto e mano che si muove verso la folla. Nella sostanza per il nome che sceglie: Francesco, come Francesco da Assisi, patrono d’Italia che scelse una vita all’insegna della povertà nonostante provenisse da una delle famiglie più agiate della città. «Un uomo di povertà, un uomo di pace. L’uomo che ama e custodisce il Creato», spiegava a 5mila giornalisti durante la sua prima conferenza stampa. Un nome scelto perché la sua idea di Chiesa, raccontava sempre nella stessa occasione, era «una Chiesa povera e per i poveri».
È stato il primo gesuita a diventare Papa, l’ordine fondato i primi del ‘500 da Ignazio di Loyola. Clemente XIV nel 1773 arrivò a sopprimere l’ordine per motivi politici. Persone prima di sacerdoti che nella storia della Chiesa non hanno mai cercato posizioni di comodo e che per questo sono sempre rimaste indigeste a molti, come Bergoglio, in pieno stile della Compagnia di Gesù. Tra gli esercizi spirituali ideati da Sant’Ignazio durante la convalescenza dovuta a una ferita a una gamba procurata durante l’assedio di Pamplona nel 1521 – prima di convertirsi era soldato – quello che più appartiene all’argentino si chiama Essere cristiano: le due bandiere. Per farlo bisogna chiudere gli occhi e immaginare un campo di battaglia con due eserciti schierati di fronte. Due grandi vessilli che sventolano in cielo e una scelta da fare: da quale parte schierarsi.
Questo ha fatto per tutta la sua vita: ha preferito la concretezza della strada alla teologia da salotto, non sottraendosi alle questioni scomode che il suo papato ha dovuto affrontare. Dall’ultima guerra in Medio Oriente quando voleva andare a Gaza, alla proposta di fare da intermediario nella guerra in Ucraina senza dimenticare gli attacchi diretti alle industrie delle armi. Dall’invito a “lottare pacificamente per la giustizia e la libertà religiosa” riferito ai cristiani perseguitati nel mondo al dialogo con il mondo islamico e la storica messa celebrata nello Zayed Sports City Stadium di Abu Dhabi. Alle sue posizioni sull’immigrazione e sull’integrazione che lo hanno fatto considerare “un uomo di sinistra” quando non erano altro che quelle di un Papa cattolico. Dall’intransigenza sulla pedofilia e sulle questioni etiche come aborto ed eutanasia, passando per le aperture nei confronti degli omosessuali: «La Chiesa riceve le persone, tutti e non si domanda come sei». Al tema dell’ambiente trattato nella sua enciclica Laudato si’.
La realtà è che Papa Francesco ha rappresentato qualcosa di diverso. Dalle prime parole pronunciate alle ultime scritte nel testamento: «Il sepolcro deve essere nella terra; semplice, senza particolare decoro e con l’unica iscrizione: Franciscus».