Esclusiva

Maggio 30 2025.
 
Ultimo aggiornamento: Giugno 4 2025
«Sembra voglia ripulirsi la coscienza», in corso il processo per Satnam Singh

Secondo l’accusa, se il proprietario dell’azienda agricola avesse chiamato i soccorsi, il bracciante si sarebbe potuto salvare

«Voglio ribadire che il mio impegno per risarcire tutti sarà costante», ha dichiarato Antonello Lovato alla Corte d’Assise di Latina, durante la seconda udienza del processo in cui è imputato per omicidio volontario con dolo eventuale. Lovato è il proprietario dell’omonima azienda agricola presso cui lavorava in nero Satnam Singh, il bracciante di origini indiane morto il 17 giugno 2024.

Il lavoratore, 31enne, ha avuto il braccio amputato da un macchinario agricolo che stava utilizzando, riportando lesioni anche in diverse altre parti del corpo.

Secondo la ricostruzione, Lovato non ha prestato aiuto al lavoratore ferito: «Perché è irregolare», aveva dichiarato ad un testimone. Invece di chiamare i soccorsi, avrebbe messo il braccio amputato in una cassetta della frutta, caricato Singh e sua moglie in macchina e li avrebbe lasciati davanti la loro casa. Secondo la tesi dell’accusa, Singh avrebbe potuto essere salvato se i soccorsi fossero stati chiamati immediatamente dopo l’accaduto.

«Ho appreso che anche i familiari di Satnam si sono costituiti parte civile. Come ho fatto con la moglie Soni, aprirò un conto giudiziale per i suoi parenti. In questi due mesi ho lavorato in carcere e ho già versato del denaro sul libretto per Soni», ha aggiunto Lovato in aula, durante l’udienza del 27 maggio.

A commentare le parole dell’imputato Sonya Hardeep, rappresentante della Cgil-Flai di Cisterna di Latina: «Sembra voglia ripulirsi da quello che ha fatto: lo ha preso, buttato e poi ha ripulito. Deve essere un animale. Mi viene difficile pensare umanamente come si possa fare una cosa del genere».

Durante il processo diverse voci sono state ascoltate al banco dei testimoni, tra cui cinque carabinieri che erano intervenuti sul luogo del delitto. Attraverso i loro racconti sono state ricostruite le prime fasi dell’indagine: il furgone di Lovato sarebbe stato ripulito dalle macchie di sangue subito dopo aver abbandonato Singh mentre il macchinario che ha causato l’amputazione – un avvolgiplastica – è risultato privo delle necessarie misure di sicurezza, oltre a essere stato «costruito in modo artigianale».

In aula anche il proprietario dell’appartamento di Cisterna di Latina, nella frazione di Castelverde, dove vivevano Singh e la compagna Soni. Era presente quando Lovato riportò a casa il corpo agonizzante del lavoratore e ha spiegato di essere sceso in strada dopo aver sentito le urla della compagna di Singh: «Ho sentito Soni urlare e chiedere un’ambulanza, piangeva disperata». Alla domanda sul perché non avesse portato l’uomo in ospedale, Lovato aveva risposto che la causa era l’irregolarità del bracciante. 

Hardeep ricorda anche che a essere accorsi davanti la casa di Singh c’erano alcuni colleghi di lavoro: «Hanno visto Soni piangere, mentre pregava gli altri di poter essere aiutata. Hanno visto Satnam per terra agonizzante, pieno di sangue e il suo braccio nella cassetta della frutta».

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