C’è un filo rosso che attraversa la vita e la carriera di Gianluca Brazzioli, difficile da cogliere scorrendo velocemente il suo curriculum. Nato ventisei anni fa a Scortichino, un paesino di campagna della provincia ferrarese dove è cresciuto prima di approdare a Bologna per gli studi prima triennali e poi magistrali in economia, Gianluca è sempre stato attratto dalla dimensione sociale dell’essere umano. Sceglie la sua facoltà «per studiare come funziona il mondo attraverso una lente scientifica, per capire come gli uomini interagiscono tra di loro e come pensano, ma presto mi rendo conto che si tratta di una disciplina troppo chiusa».
Così si rivolge verso il giornalismo, «che ha sempre rappresentato per me un modo per trasmettere ciò che ho imparato agli altri, la chiusura di un cerchio che avevo aperto nella mia testa, un desiderio che volevo perseguire da sempre, ma che non avevo mai avuto il coraggio di esprimere ad alta voce».
Tra un film di Woody Allen, una partita di pallanuoto e un concerto live dei Tame Impala, I Cani e i Baustelle, Gianluca si ritaglia spesso del tempo libero per dedicarsi ai suoi giochi da tavolo: «Passo ore con gli amici tra i tabelloni di Citadel e Plagio, ma mi piace anche dedicarmi alle mie passioni da solo, tanto che, nello scorso Spotify Wrapped, uno dei miei artisti più ascoltati era un cantante di musica medievale che ascolto quando gioco in solitaria».
Ma la dimensione sociale mantiene la sua importanza, tanto che Gianluca ha lasciato una sostanziale eredità ai suoi vecchi coinquilini di Bologna: «Ancora oggi organizzano un cineforum che ho ideato io, e che porta il mio cognome».

I primi semi li pianta durante gli anni delle superiori, tra i banchi del liceo scientifico di Finale Emilia, quando, navigando su YouTube («Sono sempre stato un po’ nerd»), inizia a seguire diversi canali di informazione e a leggere i giornali che la sua scuola mette a disposizione degli studenti nell’atrio dell’edificio. «Ma nessuno dei miei compagni li consultava davvero, così, alla fine della giornata, io me li portavo a casa e approfondivo le notizie da solo».
Quando arriva il momento di pensare all’università, la scelta della facoltà di economia viene naturale, così come quella di accettare l’opportunità lavorativa che gli viene offerta durante gli studi: un apprendistato come consulente di data governance presso Accenture, una multinazionale per la quale gestisce i flussi di dati e la loro sicurezza.
Con il passare dei mesi, però, Gianluca si rende conto di voler allargare i suoi orizzonti, e per due settimane frequenta la ‘Scuola di lettura del presente’ della rivista bolognese Pandora, che risulta in una breve collaborazione con la testata.
Nel frattempo, i semi cominciano a crescere: dopo un anno di lavoro in Accenture, e ad un esame di distanza dal conseguimento della laurea, Gianluca si accorge che il lavoro d’ufficio non è il suo. Così si licenzia, conclude la tesi, prende la laurea magistrale, e, mentre collabora con il padre nell’azienda di famiglia, decide di non rimandare più la riflessione con sé stesso su cosa vuole davvero fare ‘da grande’.
«A lungo ho desistito dall’idea di buttarmi nel giornalismo, perché mi fa paura l’instabilità economica e contrattuale di questo mondo, e il fatto che, almeno da fuori, sembrano mancare le opportunità lavorative. Ma un giorno ho messo tutto sulla bilancia, e ho capito che la cosa più importante era fare qualcosa che mi appagasse. Ho voluto puntare tutto sui questo master, senza mandare candidature altrove».