Dall’attivismo nato per passione al liceo all’impegno civile nel giornalismo: Gianmaria Oroni, originario del piccolo centro viterbese di Capranica, dopo la maturità classica lascia la terra delle nocciole per trasferirsi a Roma con il sogno di intraprendere la carriera diplomatica. Si laurea in Scienze Politiche, ma ben presto capisce di voler contribuire alla società in un altro modo: raccontando storie. Decide così di iscriversi al corso di laurea magistrale in Giornalismo e Editoria all’Università Roma Tre.
«Se non sei vaccinato, rischi di essere inglobato da questa città», racconta per descrivere l’impatto con Roma, una relazione fatta di grandi aspettative e inevitabili disillusioni, ma anche dell’atmosfera di una passeggiata notturna al Campidoglio. Eppure, una volta al mese torna in provincia per ritrovare gli amici e la comunità del paese che gli manca.
Dopo anni di militanza nel Partito Democratico, dentro e fuori l’università, Gianmaria torna a Roma con una carica diversa: quella che gli trasmettono gli sguardi delle persone che accompagna con l’Unitalsi. «Il viaggio a Lourdes a soli 16 anni mi ha cambiato la vita. Le persone che aiuti ti trasmettono una luce che ti ricarica», ricorda.
È proprio quello spirito altruista a emergere con forza dalla sua personalità. Quel viaggio gli ha fatto ridimensionare molti preconcetti e lo ha reso ancora più convinto dell’importanza di queste esperienze «in una società che tende a emarginare la disabilità». La sensibilità verso l’altro è un tratto che lo accompagna fin da bambino: a Natale, invece dei regali tradizionali, scriveva per ogni familiare un ritratto personale in forma di articolo.

Il seme del giornalismo era già lì e germoglia definitivamente grazie a un progetto universitario, che riguarda un’inchiesta sul caso Moro, realizzata durante il corso di giornalismo professionale. Da quell’esperienza riscopre la passione per la ricerca nelle fonti d’archivio e per i retroscena della politica, temi che vuole continuare ad approfondire sotto forma di indagine giornalistica. «Durante la pandemia, ho collaborato con la radio del paese, realizzando un podcast di geopolitica, in cui ho intervistato amici dall’Ucraina e dal Kosovo» ricorda con affetto.
La voglia di raccontare lo porta poi ad aprire la pagina Instagram “Semovente della sera”, nome ispirato alla macchina per la raccolta delle nocciole usata a Capranica. Per Gianmaria i frutti sono le storie: verosimili, grottesche, ironiche, a volte impossibili, sempre ambientate nel suo paese. «È una strategia per catturare l’attenzione del lettore, soprattutto quando i riferimenti sembrano casuali…», spiega sorridendo. Negli ultimi anni, la passione cresce rigogliosa fino a portarlo a essere selezionato tra i primi trenta della Scuola di Giornalismo della Luiss.
«Sul palcoscenico della mia vita vorrei continuare a vedere i miei amici e le persone con cui condivido la passione per il giornalismo e per il calcio», confessa. Cresciuto sui campetti di quartiere da calciatore e poi diventato arbitro di basket, nello sport ha sempre trovato il modo più autentico per creare legami e vivere la società. La famiglia resta importante, ma preferisce tenerla sullo sfondo: «La considero la mia sfera intima, la causa di come sono cresciuto, dei mie punti di forza e delle mie fragilità».
Per il futuro Gianmaria immagina un giornalismo capace di mettere in discussione ciò di cui “normalmente non si dubita”. «A chi ci governa chiediamo di essere perfetti, ma la perfezione non esiste. Vorrei indagare le dinamiche sociali, scavare a fondo nelle scelte politiche e umane». Dal suo entusiasmo traspare un carattere deciso: quello che, con ogni probabilità, lo renderà un ottimo archeologo della verità.