Luca è il più giovane della redazione. Ha ventun anni, è romano, zona San Giovanni. Il suo obiettivo è scrivere di musica. Dopo tre anni passati in Sapienza ha deciso di provare con questo master; è stata una scelta per lui piuttosto sicura. Entrambi i suoi genitori sono giornalisti, suo padre telecronista sportivo, sua madre, dopo un passato nella professione, ora si dedica all’istruzione, come professoressa di liceo, materie umanistiche. «A mio padre devo senz’altro il mio dinamismo, mentre a mia madre il mio lato più formale.»
La musica fa parte della sua vita, è soggettività pura, da vivere e da condividere. Cerca sempre di seguire più generi possibili, osserva e ascolta con attenzione le uscite settimanali. «Se dovessi tuttavia scegliere dei generi risponderei senz’altro hip-hop, R&B, pop. L’elettronica invece è un po’ un mio punto cieco. Oltre ai generi in sé mi ha comunque sempre colpito l’ambito della divulgazione musicale. Dietro ad ogni artista c’è un mondo. Ed è giusto raccontarlo.»
«Questo master tuttavia non ha come focus principale la musica, è chiaro; ma il mio obiettivo rimane quello di diventare un giornalista completo, con una formazione a 360 gradi.» In questo la sua curiosità lo aiuta molto, è la base di tutto per lui. Ad esempio, durante l’esame, invece di scegliere la traccia su Taylor Swift si è buttato su quella su Ranucci.

Parlando di punti deboli e di punti forza, Luca ammette di non essere molto ferrato in politica, ma anche di essere pronto a migliorare. Un suo punto di forza invece è la risolutezza. Da un paio d’anni lavora da Foot Locker; i suoi colleghi lo hanno sempre considerato una persona educata e paziente.
Sul futuro ha le idee molto chiare, riesce già a vedere come finirà questa esperienza, si immagina in redazione «magari come inviato per lo spettacolo; fare quello che amo, sentire musica tutto il giorno, andare ai concerti. Considera anche che finora, nonostante questa mia passione, non ho mai scritto seriamente di musica.» A sentir parlare invece di eventi e premiazioni il suo interesse svanisce. «Sono un po’ scettico su questo. Molte delle istituzioni che assegnano premi lo fanno come forma di potere e controllo, spesso allontanando quella che dovrebbe essere la purezza dell’arte. Tra le parole che abbiamo scelto per descrivere il 2025 c’è anche Taylor Swift; non per la sua musica, ma per il suo ruolo di personaggio pubblico che negli Stati Uniti ha raggiunto il livello di alcuni politici e uomini di potere. Sono comunque i rischi del mestiere. Un artista di quel livello deve accettare di essere seguito non solo per la sua arte, ma anche per altri motivi.»
Il suo interesse gravita molto attorno alla figura stessa dell’artista. «Uno dei miei artisti preferiti, ad esempio, è Kanye West, che negli ultimi anni è diventato una delle figure più controverse in America. Quando sento la sua musica però mi dimentico di ogni controversia.» Separare l’arte dall’artista è per lui un punto fermo.
Pur non avendo mai scritto di musica la studia volentieri. La sua tesi di laurea era di critica musicale. La critica musicale di ieri e quella di oggi. «Chiudo con un episodio. Come ultimo step per concludere la tesi decisi di intervistare un critico. Riuscii quindi a mettermi in contatto con Dario Salvatori, che fu firma del Corriere della Sera. Raccontava della Roma notturna degli anni ’70. Mi invitò a casa sua. Parlammo molto, circa un’ora e mezza. Un’esperienza che mi ha lasciato il segno».