Esclusiva

Dicembre 10 2025
Ludovico Falzone

Nel marzo del 1999, la trinacria  dava i natali a Ludovico. I folti capelli celano occhi grandi e gentili, capaci non solo di osservare ma anche di ascoltare. Con le parole, invece,  si mostra incline ad abitare il dubbio. Una qualità preziosa per chi lavora,  oggi come domani, come operaio della parola.

Il suo percorso si intreccia presto con il teatro, grande passione che prende forma prima nel salotto di casa o tra i banchi della scuola di Caltanissetta, quando imitava parenti e professori, e solo più tardi sul palcoscenico. «Ripensando agli anni di formazione, riconosco  un andamento fatto di cadute e risalite, ogni volta che c’è stato un calo nella mia vita poi c’è stata una spinta verso l’alto». 

Il viaggio Erasmus in Inghilterra gli permette di incontrare persone affini, presenze che non aveva mai trovato tra i volti della sua terra natale. L’influsso della cultura classica, invece, si manifesta nel lessico, nei rimandi, nelle formule con cui struttura il pensiero. Non a caso si riconosce nel motto gramsciano “pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà”: un equilibrio sottile tra lucida consapevolezza e slancio, tra attesa e caso, tra progetto e Moira, come avrebbero detto i Greci.

Dopo la laurea triennale in lettere classiche, si trasferisce a Roma per completare il percorso magistrale in linguistica. La città eterna lo espone a stimoli intensi, ma anche a delusioni, come la difficoltà di non riuscire a laurearsi nei tempi previsti. Eppure ogni ostacolo sembra indirizzarlo verso una nuova direzione, fino all’estate del 2025, quando decide di tentare il concorso per il master in giornalismo e comunicazione multimediale della Luiss. Non un luogo estraneo: ci aveva già lavorato, lasciando un impiego stabile per seguire la propria inclinazione.

Ludovico Falzone

L’altra esperienza lavorativa, quella dell’insegnamento, lo accompagna ancora, soprattutto nel ricordo dei ragazzi del liceo Tasso: «questi ragazzi a scuola andavano spronati ad essere meno impostati, piuttosto che richiamarli all’ordine». Le sue lezioni partivano dallo sguardo, dalla radice stessa del teatro (theáomai, “guardare”) come invito a leggere in profondità ciò che accade attorno a noi.

Ludovico ama citare la tragedia greca del V secolo a.C., il riferimento è chiaro: «i personaggi di quelle storie li ritroviamo ancora oggi alla fermata dell’autobus o per le vie del centro». Tra necessità e libertà, tra destino e scelta, le figure euripidee, come Ifigenia nel dramma della decisione o come Agamennone nel peso del comando, continuano a vivere negli sguardi quotidiani, nei passaggi anonimi della città.

Non stupisce che il suo luogo del cuore sia Taormina, dove trascorreva le estati e dove, sospeso fra mare e mito, sorge uno dei teatri antichi più celebri del Mediterraneo.

Rispetto al futuro, Ludovico crede in un giornalismo che dovrà dialogare con le tecnologie emergenti senza rinunciare all’umano: «avremmo bisogno in futuro di educare l’intelligenza artificiale, nella consapevolezza che saranno ancora i nostri occhi a dare forma al mondo».

Nelle parole del comico Mauro Fratini, che di palchi ne ha solcati molti, si ritrova lo stesso impulso a raccontare: “è il tuo sguardo a dare forma al mondo, la tua  leggerezza a sollevarlo, il tuo entusiasmo a farlo ruotare.”