Paolina Palmisciano ha insegnato italiano ai giocatori del Napoli. Napoletana di 26 anni, è laureanda alla magistrale in Lingue e letterature straniere alla Federico II di Napoli.
Appena finito il liceo, «avevo fatto i test di medicina ed ero entrata a Roma alla Cattolica. Mi sono trasferita lì, ma dopo un anno e mezzo mi sono resa conto di aver fatto una scelta sbagliata. Mi ero lasciata convincere dai professori del liceo classico del fatto che le materie umanistiche non avessero futuro». Ha lasciato quindi medicina, non prima di aver dato l’esame di anatomia, ed è tornata nella sua città per seguire il suo desiderio iniziale di studiare lingue: inglese e tedesco. «Ai primi anni del liceo non ero per niente brava in inglese, però poi, proprio nel cercare di impararlo, ho sviluppato una sorta di ossessione. Ho iniziato a leggere molti libri in inglese e da lì mi sono appassionata alla lingua e alla pronuncia». All’università ha scelto la lingua tedesca un po’ per caso, ma poi ne ha apprezzato molto la letteratura.
L’esperienza di insegnante di italiano per i calciatori del Napoli da tirocinante «è stata molto particolare, perché loro, per il lavoro che fanno, hanno un senso di precarietà della vita. Non sapevano se l’anno successivo sarebbero stati ancora a Napoli. Per questo motivo, non avevano molto interesse a imparare l’italiano». Questa esperienza le ha fatto capire il bello e il brutto del mondo del lavoro. «Di bello ho vissuto il rapporto con gli altri tirocinanti. Il lato negativo è stato scoprire che non tutti sono pronti a rispettare i propri impegni».

Paolina ha deciso di restare a Napoli per l’università perché, dopo aver lasciato medicina, sentiva «la pressione di dover scegliere molto velocemente cosa fare» e le sembrava la soluzione più semplice. Non è stato un ripiego, lei ama la sua città e, adesso che non vive più lì, dice «Napoli è bella e mi manca». Anche durante gli studi, però, ha sempre avuto il desiderio di fare esperienze all’estero. È partita due volte per l’Erasmus, sei mesi a Manchester in triennale e sei mesi a Berlino in magistrale. Le due esperienze sono state importanti per lei perché le hanno «aperto la mente. Vivere all’estero ti permette di capire chi sei al di là di tutto quello che ti è familiare». Per il suo futuro non è certa di voler trasferirsi definitivamente all’estero, ma è una possibilità che non esclude.
Paolina ora sta scrivendo la tesi magistrale sulla maternità mostruosa nella letteratura in lingua inglese. «L’analisi parte dalla linguista Julia Kristeva, che collega il corpo materno all’“abiezione” intesa come qualcosa che è confine e che quindi fa paura». Intanto si è iscritta al Master in giornalismo della Luiss, dal quale si aspetta di «acquisire gli strumenti per comprendere e analizzare il mondo, per poi poter far comprendere e analizzare il mondo agli altri». Con l’arrivo dei social media, ritiene fondamentale la lotta alla disinformazione. Il suo desiderio è «imparare a fare bene questo lavoro, per poter far arrivare alle persone le informazioni giuste».
Alla domanda sul perché vuole diventare una giornalista, Paolina ha risposto che le piace imparare. È sempre stata molto studiosa, aveva anche valutato la carriera accademica, ma col tempo ha capito che stare tutta la vita sui libri le sarebbe pesato. «Mi piace di più studiare il mondo, piuttosto che studiare sempre le stesse cose. È molto più interessante, perché ti costringe a correre sempre, a stare sempre al passo con quello che succede e questa è una cosa bella». In futuro le piacerebbe lavorare nell’ambito degli esteri, fare l’inviata speciale «magari negli Stati Uniti».