Se dovesse scegliere la scena d’apertura di un film sulla sua vita, Silvia non avrebbe dubbi: il giorno in cui ha scoperto di avere un aneurisma all’aorta. «Qualcuno che mi prende e mi dice: “Dobbiamo portarti immediatamente in sala operatoria”». Poi, dopo il silenzio asettico dell’ospedale, l’inquadratura staccherebbe su una veduta marina: un lungo piano sequenza sul mare della Sardegna, la sua terra d’origine «bella ma complessa». Mare e isola, due capisaldi che la definiscono ancora meglio di nome, cognome ed età.
Classe 1992, Silvia è l’unica in famiglia a non aver scelto la carriera medica. «Mamma è pediatra, mio padre e mia sorella sono odontoiatri. Io, invece, già al liceo avevo capito che gli studi scientifici non facevano per me». Dopo la laurea in Giurisprudenza arrivano il tirocinio forense, l’abilitazione e i primi incarichi. Quando la malattia le rivoluziona la vita, Silvia lavora come amministrativa in una routine che sembrava già scritta: plichi su plichi. Oltre questo, il risveglio dall’operazione a cuore aperto, la degenza e la lenta ripresa che le cambiano la traiettoria.
«Dopo un evento del genere hai molto tempo per pensare a te stessa e a tutto ciò che ti ruota attorno: scelte, idee e prospettive di vita». E soprattutto, Silvia ha avuto tempo per riflettere su quello che avrebbe voluto fare e che non ha mai fatto. Così è stato per il giornalismo: un cambio di direzione ponderato e necessario. La curiosità che l’ha sempre contraddistinta, l’empatia e la sua estroversione diventano una possibile professione: una sfida con sé stessa, lontano dalla terra d’origine. “Cambiamento” diventa una nuova parola chiave della sua storia, assieme a “rischio”, “paura” e alle nuove priorità di una vita tutta da vivere.

Senza, però, dimenticare le origini. Anche se il percorso che aveva scelto non si è rivelato definitivo, Silvia rimane molto legata al mondo giudiziario e al giornalismo di cronaca italiano e internazionale. «Mi affascinano molto le inchieste: seguire le indagini, cercare e mettere assieme le prove. Forse è questo il filo rosso che unisce la mia esperienza di avvocato a questa nuova avventura da giornalista». Con l’idea che le storie non si fermano ai confini nazionali. Diverse sono, infatti, le esperienze fatte da Silvia all’estero: dall’Erasmus in Spagna ai mesi passati a New York, dove spera di tornare a esercitare.
«Mi è sempre piaciuto scrivere. Perché non provare? Forse era quella la strada che mi chiamava sin dall’inizio». Oggi, tra appunti e pagine da riempire, Silvia prova a dare un senso nuovo a quello che le è successo.
Durante la guarigione una canzone l’ha accompagnata più di altre, in cuffia e nei pensieri: Che fantastica storia è la vita, di Antonello Venditti. Non è un titolo scelto a caso, ma il modo più semplice per raccontare ciò che, parola dopo parola, Silvia sta iniziando a scrivere.