Si aspettava un risultato del genere?
«Mi aspettavo forse un po’ di equilibrio in più. Per l’Emilia-Romagna, i sondaggi si erano limitati al mese di dicembre ma pur tenendo conto della tendenza degli elettori a decidere nell’ultima settimana, c’erano state indicazioni di una possibile vittoria del centrosinistra, ipotesi poi verificatasi. Il voto disgiunto, la rimobilitazione grazie alle sardine di un elettorato deluso e, sul fronte opposto, la vicenda giudiziaria di Salvini e una tendenziale sottostima dei risultati della Lega alle altre regionali e alle ultime europee, avrebbero dovuto bilanciare le tendenze. Per la Calabria invece, il risultato era molto più scontato».
Qual è il dato che emerge dall’Emilia-Romagna?
«Gli under 35 e gli over 64 hanno votato per Bonaccini. È l’elettorato tipico del centrosinistra, ma le sardine hanno dato un contributo importante perché, anche considerando i dati affluenza del passato, non era così scontata una partecipazione dei giovani. La radicalizzazione asimmetrica dello scontro lascia poi intravedere un dato decisivo: Bonaccini ha parlato della sua regione, per la Lega a contare era il riflesso nazionale. Il territorio conta ed è arrivata una risposta netta».
In Calabria vince il centrodestra ma il PD è il primo partito. Come si spiega?
«Si spiega alla luce di una grandissima volatilità del voto, un fenomeno inedito nelle sue proporzioni. Le appartenenze politiche oggi si sono indebolite, mentre l’offerta si è moltiplicata con un sistema tendenzialmente proporzionale. È vero, qui parliamo di un voto regionale ma non possiamo ignorare il fatto che le vicende nazionali vadano ad influire a più livelli. Il centrodestra si è affermato e proprio questo ha portato a un compattamento del voto attorno al Partito Democratico, primo partito calabrese per l’appunto».
C’è un punto d’incontro tra il risultato calabrese e quello emiliano-romagnolo?
«Da un po’ di tempo si cerca di cogliere significati nazionali anche per i voti regionali e non escludo che nelle settimane successive alla consultazione locale un determinato esito possa influenzare gli orientamenti generali. Quello di cui tutti dobbiamo essere però consapevoli è che quando parliamo del nostro territorio, tende a prevalere negli elettori la qualità della vita nella zona di residenza. E questo spiega anche un altro fenomeno sempre più diffuso: il voto disgiunto. È difficile cercare di tirar fuori dei risultati generali, si tratta di una situazione molto fluida».
Quanto pesano i sondaggi in questa volatilità dell’elettorato?
«Il sondaggio è uno strumento importante, capace di suggestionare la società. Proprio per questo, può essere legittimo il sospetto che possa esser fatto circolare ad arte per orientare gli elettori. Se visto come pronostico, può essere giudicato negativamente da una parte dei votanti, portati ad abbandonare un partito dato per sconfitto per rivolgere il proprio voto ad uno schieramento ritenuto più competitivo. A volte si giunge addirittura ad evocare una ricerca di una società conosciuta per favorire certi comportamenti ed è disdicevole. Un metodo, questo, che altera le regole del gioco democratico».