Gialle, piccole, croccanti. Codogno, cittadina di circa 15.000 abitanti in provincia di Lodi, fino a pochi giorni fa era famosa per le sue mele e l’ottima marmellata a base di questi frutti. Da venerdì 21 febbraio, invece, il piccolo comune primeggia sui quotidiani nazionali ed esteri per il primo caso di Coronavirus in Italia: il giovane manager 38enne ricoverato in terapia intensiva all’ospedale del paese. I media raccontano una città fantasma – mascherine calate sul volto e sguardi circospetti all’interno dei supermercati razziati per affrontare la quarantena – eppure nel paese una voce fuori dal coro c’è, è quella di un ragazzo che preferisce non rivelare la sua identità.
«Sono rimasto incredulo davanti alla notizia, mai mi aspettavo succedesse in un piccolo centro come questo. Pensavo che il virus, una volta arrivato in Italia, si diffondesse magari da grandi città o luoghi in generale più popolati.» Il Coronavirus irrompe in Lombardia e costringe le persone a cambiare la routine, da alcuni giorni è impossibile uscire dalla zona rossa che comprende dieci comuni tra cui Casalpusterlengo e Castiglione D’Adda, «ma qui a Codogno per ora non manca nulla.»
«Sono piuttosto tranquillo, consapevole che il contagio seppur rapido non è così scontato. Serve un contatto prolungato con chi ha contratto il virus e io non conosco nessuno che lo abbia. So di alcune persone a cui è stato chiesto di fare la quarantena, ma io non le vedevo da mesi.» Nella cittadina in provincia di Lodi molti negozi sono chiusi, mentre chi lavora fuori è obbligato a rimanere a casa in malattia retribuita per i quattordici giorni di isolamento forzato. Gli spostamenti sono possibili all’interno della zona rossa, ma solo per motivi di necessità come acquistare medicinali e cibo. Ci sono posti di blocco che delimitano le aree coinvolte, pattuglie e Forze dell’Ordine percorrono le strade.
Codogno non è la Wuhan d’Italia, né tantomeno un comune stretto nella morsa della paura: «Ci sono persone che affrontano la situazione con più o meno agitazione. Io sono sereno, altri evitano di uscire il più possibile, la cosa che può spingerli fuori di casa, oltre alla spesa, è aver finito le sigarette.» In molti sono fiduciosi nelle procedure applicate per contenere il Coronavirus, più del contagio temono i danni che l’epidemia, se prolungata, potrebbe causare all’economia. «Non uso mascherine o gel, mi lavo le mani più del solito e seguo le indicazioni del ministero. La mascherina dovrò procurarmela per entrare nei supermercati, tutto lì»
Per alcuni in paese l’interesse mediatico è frutto del sensazionalismo e figlio della spettacolarizzazione dei social network, che spesso è fonte di confusione e allarmismo. Il nostro amico racconta una fake news circolata qualche giorno fa: «Venerdì mattina già si parlava dell’esercito sul ponte di Piacenza, poco distante da Codogno, ma era una cosa non vera.»
Non mi stupisce l’interesse dei media, già è successo con altri piccoli centri per fatti di cronaca nera. Non apprezzo però il flusso di notizie non verificate che descrivono questa come una città fantasma. Codogno è piccola, in centro di solito ci saranno un centinaio di persone e vederne venti di questi tempi non è nulla di nuovo, soprattutto a febbraio. Mi è sembrato tutto un far notizia. Una cosa che è cambiata però c’è: ora nelle strade sento più silenzio»