Un salto e una schiacciata oltre il muro invisibile della paura, ben più alto dei due metri e ventiquattro centimetri della rete. Noemi Porzio e Alice Giampietri non potevano rimanere indifferenti di fronte alla solitudine della loro compagna di squadra Cecilia Nicolini, alzatrice della Chromavis Abo Offanengo, team di volley lombardo che guida il girone B del Campionato di serie B1 femminile e che lotta per la promozione in serie A2 e la Coppa Italia di categoria. Cecilia è di Codogno, epicentro dell’epidemia di Coronavirus. Nonostante sia risultata negativa al tampone, da giorni è costretta alla quarantena e non può varcare la zona rossa per allenarsi a trenta chilometri da casa con il resto della formazione.
Il torneo è sospeso, fermo alla seconda giornata di ritorno, perché il virus ha contagiato anche la pallavolo, ma non lo spirito di squadra e l’amicizia. Perciò, nella fredda sera di sabato 1 marzo, il capitano Noemi e il libero Alice danno appuntamento alla sfortunata compagna a Montodine, uno dei pochi punti raggiungibili al confine con la red zone, per fare due palleggi. Non esiste il campo rosa salmone, non ci sono reti né arbitri. Solamente i militari dell’Esercito, che ascoltano divertiti le grida delle ragazze e vedono il pallone sorvolare le loro teste. Un gesto semplice ma umano, nato da un’idea di Noemi Porzio.
Classe 1984, l’atleta di Novara è sportivamente cresciuta nelle giovanili dell’AGIL Volley Trecate e durante la sua carriera ha militato in numerose squadre, fra cui il Santeramo in Colle in serie A1. Schiacciatrice di un metro e settantasette centimetri d’altezza, negli anni ha girato lo Stivale grazie alla passione per la pallavolo, che le ha regalato soddisfazioni sportive, ma soprattutto umane. Laureatasi quest’anno in Scienze dell’Educazione e della Formazione, afferma di aver trovato a Offanengo il “suo posto nel mondo”, grazie a un team affiatato che è diventato una seconda famiglia.
Come è nata l’idea di incontrare Cecilia?
«Quel sabato sera la mia coinquilina Alice ed io stavamo vedendo il telegiornale. Sullo schermo scorrevano le immagini di Codogno, di volontari e amici che, al confine con la zona rossa, rifornivano gli abitanti in quarantena con beni di prima necessità. Mi sono detta che poteva essere un’occasione per incontrare Cecilia. Gli ultimi giorni era più triste del solito e le videochiamate su Whatsapp non bastavano a colmare la malinconia».
Come è nata la vostra amicizia?
«Cecilia ed io c’eravamo già affrontate in passato. Nonostante fossimo avversarie, ci stimavamo e sfidarci ci stimolava. Poi, due stagioni fa, ci siamo ritrovate a Offanengo ed è nata una profonda e sincera amicizia, che è cresciuta negli anni. In campo ci capiamo al volo e questo è fondamentale per il nostro gioco. Lei è il palleggiatore, il regista della squadra. È tosta, grintosa e durante la partita si fa sentire. E poi siamo rispettivamente capitano e vice capitano e la nostra intesa è fondamentale per tenere le redini dello spogliatoio».
Come ha reagito la squadra alla quarantena di Cecilia?
«Questa società è ambiziosa, ma è anche una realtà familiare, che ti coccola e protegge. Più che l’aspetto tecnico, è stato il morale di tutte noi a risentirne. Quando giochi a pallavolo ad alto livello trascorri quasi tutta
la giornata con le altre giocatrici. Nasce così uno spirito di condivisione e di appartenenza difficile da spiegare. Ti destabilizza non vedere più una tua compagna, sapere che sta soffrendo per questa difficile situazione, rispetto alla quale è impotente. Mi mancano i nostri riti prima delle partite, gli sguardi e le esultanze in campo dopo le azioni concitate. Cecilia è una che non molla un centimetro quando si tratta di mettere la palla a terra».
Cosa vi ha detto l’Esercito quando vi siete presentate al confine della red zone?
«Alice ed io l’abbiamo subito messa sullo scherzo, confessando che i nostri beni da consegnare non erano di prima necessità. Infatti avevamo con noi una scatola di cioccolatini e un pallone da pallavolo. I militari sono stati disponibili e comprensivi e ci hanno raccontato la loro quotidianità, i controlli, il viavai di persone al confine. Sono stati spiritosi e ironici e hanno preso in giro Cecilia, dicendole che la nostra squadra si era ormai cautelata con un altro alzatore».
Cosa ti rimane di questa serata?
«L’espressione di Cecilia è stato il regalo più bello. Il suo sorriso ci ha rincuorato e dato fiducia. Uno scambio di pochi minuti è stato più importante di vedere il volto della tua amica attraverso uno schermo».
Come afferma lo scrittore peruviano Sergio Bambarén, «per i veri amici nessun posto è lontano». Neanche ai tempi del Coronavirus, quando bastano un bagher e un’alzata per colmare una distanza. A Codogno il volley Offanengo batte tre set a zero il Covid-19.