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Esclusiva

Marzo 8 2020
«Un immunodepresso non ha per forza un piede nella fossa, è una persona che sta lottando, che ha fatto di tutto per esserci ancora»

Serena de Pasquale, l’educatrice genovese diventata virale con un post sull’assenza di empatia verso malati e anziani, si racconta in esclusiva

«Ho paura perché dopo tutto quello che ho fatto per essere ancora qui, che vada tutto in fumo per un virus non mi sta bene». Ha una voce dolce, Serena de Pasquale, calma e rassicurante. Genovese, 33 anni, amante della scrittura ed educatrice, il 27 febbraio pubblica un post su Facebook: «Tranquilli perché [di Coronavirus, ndr] muoiono solo vecchi, immunodepressi, malati oncologici e chi ha altre complicazioni». Serena ha avuto un tumore, ha subito due trapianti, è immunodepressa, ma è ancora giovane: «Anche i vecchi sono persone, hanno una famiglia, dei figli, dei nipotini, un mondo interiore. Arrivarci a essere anziani, io me lo auguro, visto che per me non è poi così scontato».



In poco tempo il post raggiunge quasi quindicimila like e oltre settemila condivisioni. «Mi stanno contattando tantissime persone malate, mi dicono di continuare a scrivere per dare loro una voce. È bene che gli altri capiscano che quello che stanno vivendo in questo momento è ciò che un malato vive tutti i giorni. Non vogliamo essere compatiti né andiamo in giro a lamentarci, sappiamo di essere malati dal momento in cui ci viene data la diagnosi, conviviamo con la paura e la consapevolezza di non sapere come andrà a finire. Non abbiamo bisogno di vedercelo sbattere in faccia così». Serena parla di empatia, della necessità di dire le cose con più tatto «perché un immunodepresso non ha per forza un piede nella fossa, è una persona che sta lottando, che ha fatto di tutto per esserci ancora». È arrabbiata, ma d’altronde «la rabbia mi tiene in vita».

La prima diagnosi arriva nel 2016: tumore ematologico. Dopo vari cicli di chemioterapia, la presunta remissione, poi, dopo alcuni mesi, “il mostro” – come lo chiama lei – torna ancora più aggressivo. Altra chemioterapia, ma stavolta non basta perché il tumore è troppo forte e Serena troppo giovane. Nel 2017, il primo trapianto di midollo, dopo sei mesi il secondo. L’ultimo risale al 2018. «Il trapianto ti azzera completamente il sistema immunitario quindi non hai più difese. Nella mia situazione specifica, poi, ci sono state tante altre complicazioni che mi hanno impedito di fare i vaccini, infatti adesso sono completamente scoperta e anche una bronchite per me può essere pericolosa». Non si è mai persa d’animo, però, e durante la chemio è riuscita a laurearsi in Scienze dell’educazione e della formazione a un’università telematica.

Serena De Pasquale
Il figlio e il marito di Serena durante la sua terapia

Serena ha un marito e un bambino di dieci anni per i quali mascherine, virus e batteri rappresentavano la quotidianità già da prima dell’epidemia: «Proprio stamattina spiegavo a mio figlio che ancora una volta deve fare un sacrificio per la mamma, proteggendosi un po’ di più rispetto ai suoi amichetti». Dopo la scoperta del tumore, «il dolore più grande è stato gestire il bambino perché fare un trapianto significa essere chiusa in camera sterile e non vederlo per più di quaranta giorni»; anche una volta tornata a casa, «lui per me continuava a essere pericoloso perché andando a scuola poteva attaccarmi qualunque infezione». Ora, con il Coronavirus, i medici le hanno imposto di rimanere a casa: «La reclusione di adesso tra quattro mura mi ha riportato a quella camera sterile, a quando ero chiusa lì dentro senza avere mai nessun contatto con l’esterno». Troppo spesso la gente si dimentica di apprezzare le piccole cose, quelle che per molti sono una banalità ma che per chi come lei ha lottato per rimanere in vita fanno la differenza: «Anche stare a cena con la propria famiglia in certe situazioni è già un regalo. Non bisognerebbe essere malati per capirlo».

Serena è ottimista: «Non ho intenzione di piangermi addosso. Un po’ di speranza c’è, ho ricevuto tanto affetto dopo quel post, ci sono persone che ancora pensano agli altri, a chi è più fragile».  Il servizio sanitario ha fatto di tutto per lei, ci tiene a sottolineare: «Il San Martino di Genova è stato fantastico, se sono qui è grazie a loro». Parla dei medici e degli infermieri che in questo momento stanno lavorando senza orari e senza mangiare, mettendosi al servizio della comunità: «La gente dovrebbe riflettere su questo, sono loro i veri eroi». È fondamentale fare affidamento solo sulla medicina perché «come dico sempre io, se ti dicono che c’è una strada da tentare è un buon segno, il problema è quando ti dicono che non c’è più niente da fare».

Serena De Pasquale

Adesso più che mai, tutti devono mettersi una mano sulla coscienza e seguire alla lettera le disposizioni dell’OMS e del governo, non solo per sé stessi ma anche per gli altri. Persone come lei, più vulnerabili al Coronavirus e non solo, non possono rischiare per la noncuranza altrui: «La mia libertà finisce dove inizia la tua. Capisco la paura e l’allarmismo, siamo esseri umani, ma anche individui razionali e pensanti, comportiamoci come ci si dovrebbe comportare in una situazione di emergenza. Se tutti fanno quello che c’è da fare, magari superiamo il problema prima».  L’invito, soprattutto in questo momento, è quello di mantenere la calma: «Quando sono entrata a fare il secondo trapianto, le statistiche dicevano che avrei avuto l’80% di possibilità di non farcela. Vai, lasci tuo figlio a casa senza sapere se potrai rivederlo. Eppure, sono ancora qua».