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Esclusiva

Marzo 9 2020.
 
Ultimo aggiornamento: Aprile 5 2021
L’Erasmus ai tempi del virus: «Restare o tornare a casa?»

Il racconto degli studenti e dei lavoratori stranieri, dalla Francia fino alla Spagna. I disagi dovuti all’epidemia e un’Italia diversa da come se la aspettavano

«Più del virus ci spaventa l’incertezza: ci hanno lasciato soli e senza troppe indicazioni. Ora dobbiamo decidere noi se restare in Italia o interrompere tutto». Félicie ha 21 anni e viene da Parigi. A inizio marzo ha iniziato il suo Erasmus a Roma, sei mesi tra studio alla Sapienza e weekend in giro per l’Italia che forse saranno rimandati al prossimo anno. Dopo la decisione del governo Conte di chiudere scuole e università fino al 15 marzo, è tornata a casa per una settimana: «I miei genitori erano molto preoccupati e la mia università, che a febbraio mi aveva sconsigliato di venire in Italia, ora mi consiglia di restare a Parigi. Vedrò cosa accadrà nei prossimi giorni».

Per Félicie l’ipotesi di rinviare l’Erasmus si sta facendo concreta, anche considerando il via libera di Bruxelles: una nota della Commissione europea ha certificato la possibilità di sospendere volontariamente la partecipazione al programma di scambio europeo. Gli studenti che vorranno rinviare il proprio soggiorno all’estero potranno invocare il principio della «forza maggiore» e quindi evitare il pagamento di penali. «Non ha grande senso restare a Roma se non posso uscire e andare all’università – continua Félicie – ma neanche da noi la situazione è tranquilla». La Francia è il terzo paese europeo per contagi (dietro a Italia e Germania), con 138 nuovi casi registrati tra il 5 e il 6 marzo; un aumento molto pronunciato rispetto all’inizio della crisi. Il numero di test effettuati è però inferiore a quello italiano: una settimana fa era intorno a mille, quando in Italia aveva già superato i 20 mila. Finora sono state chiuse 250 scuole e sono vietati tutti gli eventi con più di 5 mila persone.

La grande fuga di studenti e lavoratori stranieri sembra destinata ad espandersi e l’economia che ruota attorno a loro già mostra i primi segni di crisi. Lo suggeriscono i numeri di Kamchu, un’agenzia romana che affitta camere per soggiorni di breve periodo: «Affittiamo in tutta la città a studenti e giovani lavoratori. Circa un terzo hanno già lasciato e molti ci faranno sapere a giorni. I contratti sono stati firmati ma dovremo rimborsare il canone di marzo». E allora che fare, restare a Roma o tornare a casa? All’incertezza su ciò che sarà ognuno reagisce a modo suo. Berta e Clara, 22 anni, vengono entrambe da Barcellona. Studentesse di infermieristica, sono in Italia con l’Erasmus Placement, il programma di mobilità europea per stage all’estero: le attendevano cinque mesi di lavoro all’ospedale San Pietro di Roma, ma dalla Spagna è arrivato lo stop al loro tirocinio e il consiglio di tornare indietro.

Berta ha seguito l’invito delle autorità spagnole e per ora resterà a Barcellona, mentre Clara passerà qualche giorno a Firenze, ospite di amici: «I miei sono più preoccupati per me che per la situazione in Spagna. L’unico che sta impazzendo è mio nonno. Ha deciso di stare chiuso in casa, non va neanche in chiesa o alle lezioni di disegno. E mi telefona tre volte al giorno per sapere come sto: vista da fuori l’Italia sembra un paese allo sbando». Per ora l’epidemia di Covid-19 appare meno grave in Spagna che in altri paesi europei. Al 7 marzo si sono registrati 450 casi di contagio e otto vittime accertate, numeri che sono in costante aumento. La comunità più colpita è quella di Madrid (con oltre 90 casi), seguita con molto distacco dalla Catalogna. Scuole e università restano aperte e al momento non ci sono controlli sanitari sui passeggeri in transito per gli aeroporti spagnoli.

«A Madrid è scattato l’allarme in una residenza per anziani dove una donna è morta per il virus e altri 15 degenti sono risultati positivi» racconta Cristina, 23 anni, dalla capitale spagnola a quella italiana per cercare lavoro come fisioterapista. «Ho fatto dei colloqui e a breve dovrei iniziare in una clinica privata di Roma, ma non so se restare o meno: non ho paura del virus ma mi spaventa la città, è diversa da come la ricordavo». «Ieri ho visitato la Galleria Borghese e non ho trovato coda. Ho fatto un giro in centro e sono rimasta delusa: in Piazza del Popolo e in via del Corso non c’era praticamente nessuno – spiega Cristina –. L’anno scorso ho lavorato per qualche mese in un negozio di abbigliamento; era sempre pieno, mi piaceva quell’atmosfera. Invece adesso mi sembra tutto vuoto, morto. Tutto è cambiato».